Parla l'assessore alla Sicurezza

Il dolore e la rabbia di Gandi: «Continueremo a lottare per rendere sicura la zona stazione»

«Grande dispiacere per le due famiglie distrutte. La tragedia proprio in quell'area della città nel momento di massimo sforzo nelle attività di controllo».

Il dolore e la rabbia di Gandi: «Continueremo a lottare per rendere sicura la zona stazione»
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di Wainer Preda

Divampa la polemica sulla sicurezza in città dopo l’omicidio di via Novelli. Eppure, guardandola da vicino, la vicenda è decisamente anomala. Non è maturata, almeno stando alle prime ricostruzioni, in un ambiente tipicamente delinquenziale. E la dinamica dell’episodio ha visto coinvolti una famiglia, un padre e un ragazzo. Se la si vede per quello che è, dunque, si tratta di una tragedia e basta. Che poteva capitare ovunque. E se vogliamo dirla tutta, più che della mancanza di sicurezza in città è indice dell’impazzimento generale che stiamo vivendo.

Ma il fatto che sia avvenuta a pochi passi dalla stazione, le fa acquisire tutt’altro significato. Perché per i bergamaschi quella è la zona più malfamata della città. L’omicidio di domenica diventa così la classica goccia che fa traboccare il vaso. Vaso che, sostengono in molti, era colmo da tempo.
«Sono particolarmente dispiaciuto, in primis per le persone e le famiglie rimaste coinvolte in questo fatto di sangue - dice il vicesindaco di Bergamo e assessore alla Sicurezza Sergio Gandi -. E in secondo luogo perché questa vicenda cade nel momento di massimo sforzo sul fronte sicurezza in quella zona».

Le sembrano polemiche ingiustificate?

«Non mi stupiscono. È normale che ci siano polemiche perché la zona è delicata. È la più delicata della città: stazione, via Novelli, Bonomelli e la parte fino a via Paleocapa. Ma è anche la zona su cui da mesi si concentra l’attività di controllo da parte delle Forza dell’ordine. Fatto salvo sorprese nelle indagini, risulta però che l’omicidio non abbia nulla a che vedere con la situazione complessiva di quell’area».

Polemiche sterili e pretestuose dunque?

«Al momento non vedo toni molto accesi. Rispetto ad altri casi, magari meno gravi, vedo toni più moderati».

Al di là delle polemiche, cosa si può fare per migliorare la sicurezza in quella zona?

«Da maggio in avanti c’è stata una stretta complessiva, decisa in sede di Comitato di ordine pubblico e sicurezza. C’è un pressing su tutta l’area. Abbiamo smantellato il deposito di piazzale Marconi che ospitava stazionamenti “impropri”. Abbiamo cercato di riordinare l’area verde antistante l’infopoint. Abbiamo fatto un’ordinanza anti-alcol. In via Paglia abbiamo messo il nostro Nucleo di sicurezza urbana e incrementato i passaggi delle unità cinofile. Le attività di controllo ci sono, eccome. E c’è una collaborazione efficace da parte di tutti».

Il fatto di domenica però scuote.

«Guardi, io sono doppiamente dispiaciuto. Ci sono due bambini che hanno visto morire il loro padre in maniera atroce. C’è una famiglia rovinata. Anche quella del ragazzo, che peraltro viene da una famiglia nota e stimata in città. Dispiace tantissimo. Ma dispiace ulteriormente perché da mesi stiamo mettendo in atto una forte pressione su quella zona. E continueremo a farlo. Al di là che poi venga percepito o meno».

Ma i fenomeni di degrado in quell’area sono inestirpabili?

«Vi ricordate com’era il parcheggio delle autolinee? Ora se ci vai, non è che i bivacchi siano spariti, ma sono molto più contenuti. È ovvio che se alle persone togli luoghi in cui andare, si spostano in altri, non spariscono. Ci sono fenomeni in via Mai e in piazzetta Don Spada. Interverremo anche lì. Sono fenomeni che non risolvi dall’oggi al domani. Lo spaccio in strada c’è perché ci sono i consumatori, che non sono stranieri».

Ci sono altre zone che considerate a rischio?

«In maniera così evidente no. Ci sono alcuni quartieri che hanno problemi, magari ciclici. Abbiamo istituito l’Unità mobile proprio per questo, per mettere i presìdi dove servono. Definiamo un calendario di controlli che poi adeguiamo in base ai bisogni. Ho imparato in questi anni a tenermi in contatto con comitati, reti di quartiere e cittadini. Quindi spesso e volentieri le notizie mi arrivano in tempo reale».

L’approccio dell’Amministrazione è di rendere parchi e piazze molto fruibili. Spazi aperti a tutti. Ma alla fine non finisce per favorire anche la presenza di soggetti poco raccomandabili?

«Può essere, ma quando crei spazi aperti il problema è più quello di assembramenti e schiamazzi, con presenze fino a notte fonda a cui i residenti non sono abituati. Non credo che gli spazi aperti siano direttamente connessi a questi traffici».

Ma non è che uno spazio così vivibile davanti alla stazione favorisce anche fenomeni rischiosi? Un tempo passavano gli autobus e non c’era spazio per altro.

«Vale un po’ per tutte le città. La stazione è un punto di transito, con un flusso continuo di persone. È un crocevia difficile da controllare, con tanti fenomeni concentrati. Lì serve, e c’è, un’attività molto efficace da parte dei servizi sociali del terzo settore. Soprattuto per le persone senza fissa dimora e i tossicodipendenti. Per i fenomeni di illegalità invece non resta che la repressione».

Per questo l’hanno criticata molto a sinistra.

«Sì è vero, dicono che ho un’impostazione troppo securitaria. Però, non è che puoi dare una pacca sulle spalle a chi commette reati. Io sono favorevole al fermo o all’arresto. Poi credo anche nel principio costituzionale della pena riabilitante e al reinserimento delle persone nella società».

Lei l’altro giorno ha detto ai giornali che «oltre a quello che sto facendo non so più cosa fare». È una frase che colpisce.

«È stata una frase un po’ legata all’emotività del momento. Certo è che ci siamo inventati di tutto. Abbiamo messo pressione sull’area, abbiamo cercato di essere ancora più presenti con gli interventi di carattere sociale, abbiamo messo le unità mobili, le unità cinofile, abbiamo fatto più volte ordinanze specifiche per contrastare certi fenomeni, interventi in borghese. Con la giunta e con il comando della Polizia locale ci siamo immaginati tanti strumenti nuovi e li abbiamo messi in campo. Ne studieremo altri».

C’è da aspettarsi una stretta plateale ed evidente?

«È già in atto. Da mesi. C’è un lavoro molto intenso dietro. Io sono per la stretta. Sono per le ordinanze, per i divieti e per le regole, altrimenti diventa una giungla e non può essere. Ma una cosa è certa: continueremo a lavorare intensamente per incrementare la sicurezza in città».

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