Un po' di storia di questo pregiato frutto

Per un pugno di olive, taggiasche Ronde in Liguria contro i ladri

Per un pugno di olive, taggiasche Ronde in Liguria contro i ladri
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Parlando di oliva taggiasca non si può fare a meno di parlare di eccellenza italiana. Questa drupe rappresenta infatti l’oliva più amata nel firmamento gourmet, quella da cui deriva lo squisito olio ligure DOP (dal 1997) dal sapore delicato, raffinato e leggermente amaro. Ma non solo: le olive taggiasche, anche se di piccole dimensioni, sono molto gustose conservate in salamoia o tritate in forma di morbida crema. Insomma, chi ne sa di cucina o semplicemente si ritiene un buongustaio, sa che questo prodotto della nostra terra è una ricchezza inestimabile. Una ricchezza per cui bisogna ringraziare la Liguria, precisamente la Riviera di Ponente, con Imperia e tutto il suo circondario, dove le taggiasche sono un vanto, oltre che fonte di sostentamento per tanti agricoltori del posto. Una ricchezza così estimabile che, ultimamente, ci sono predoni disposti a tutto pur di aggiudicarsela.

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I predoni delle taggiasche. Come racconta La Stampa, se una volta i bucanieri, nel Mar dei Caraibi, si disputavano i dobloni spagnoli, oggi l’obiettivo dei predoni sono le preziose olive taggiasche. La cosa non è una novità, anche in passato i furti di olive erano frequenti, soprattutto in periodi di raccolta, ma quest’anno il problema è assai più grave. La stagione è stata povera a causa del brutto tempo, che ha portato tanta pioggia e poco sole. Gli agricoltori si son così trovati con pochissime olive. Si può quindi capire la rabbia dei coltivatori nel momento in cui scoprono che anche quel poco che hanno potuto produrre diventa vittima di razzie di furfanti che, nella notte, armati di bastoni e grandi reti, si intrufolano negli uliveti e raccolgono quel poco che la natura ha donato in quest’annata nera. Una rabbia che, a Pontedassio in Valle Impero, ha portato gli agricoltori locali ad organizzarsi in ronde con l’obiettivo di vigilare la maggior parte delle campagne della zona. La scelta è stata fatta dopo che il vicesindaco di Pontedassio e imprenditore olivicolo, Alessandro Piana, ha sorpreso, poche sera fa, due ladri in un suo campo, in località Monti. Piana, nonostante la rabbia, ha dovuto evitare che i colleghi, sopraggiunti in aiuto dopo le sue urla, linciassero uno dei due ladri, l’unico che era riuscito a fermare. Il problema, come spiega lo stesso vicesindaco, è che quest’anno è magra per tutti e il rischio è che si scateni una guerra tra poveri.

 

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Quanto costerà l’olio? In passato vi abbiamo già spiegato che il clima e il prepotente ritorno della mosca olearia, hanno reso il raccolto di olive 2014 un vero disastro (QUI). La conseguenza, logica, è che l’olio, ahinoi, costerà di più. Soprattutto quello di qualità. L’olio di oliva taggiasca, già di suo, rappresenta un’eccellenza che si paga cara, ma il magro raccolto dell’anno in corso lo renderà un vero e proprio lusso per pochi. E così, gli attuali 7 euro al litro all'ingrosso, secondo molti, potrebbero diventare addirittura 12 o 13. Il vero rischio, però, è che tanti produttori un po’ troppo “sgamati” e poco inclini al bio, pur di incassare qualche euro in più, decidano di sofisticare l’olio, spacciando per puro olio di oliva taggiasca un prodotto che, in realtà, o non ha la minima traccia di oliva taggiasca, oppure ne presenta una minima percentuale. Per questo, già dai primi indizi di annata nera, le associazioni di produttori e di consumatori stanno richiedendo alle autorità competenti la massima attenzione sulla questione.

 

campanile e ulivi taggia

 

La combattuta storia dell'oliva. Queste pregiate olive di cui stiamo parlando, debbono il loro nome a Taggia, piccola cittadina dell’entroterra imperiese, anche se la storia (tra realtà e leggenda) ci narra che il merito della scoperta e dell'importazione di questa drupe sia imputabile a certi monaci francesi di San Colombano, provenienti dall’isola di Lerino, che giunsero a Taggia un secolo prima dell'anno Mille. Lì iniziarono a occuparsi della coltivazione di quell'ulivo, che arrivava dalla Galilea. Non sono però d’accordo gli abitanti di Seborga, piccolissimo centro abitato (300 abitanti su di un territorio di appena 5 chilometri quadrati) che confina con Taggia: nel marzo 2013 è stato reso noto un documento, datato 954 d.c., che proverebbe che il luogo in cui, in realtà, si insediarono i monaci francesi di San Colombano non era Taggia, bensì Seborga. Così, l’appellativo “taggiasca”, non deriverebbe dalla cittadina in provincia di Imperia, bensì dal nome dello studioso Tagghiascum Edmund, che si è occupato degli ulivi presenti nella Riviera ligure di Ponente intorno al 1200. Taggia, com’era prevedibile, replicò immediatamente, snocciolando (è proprio il caso di dirlo, visto il tema) dati e date che proverebbero come la taggiasca sia indiscutibilmente originaria di Taggia. Il mistero rimane, ma noi ci accontentiamo di poterla gustare in tutta la sua amarognola e pregevole bontà. Anche se, purtroppo, l’anno prossimo sarà un piccolo vizio gastronomico che ci costerà di più.

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