Perché ci arrabbiamo così quando abbiamo fame
Vedere rosso come i tori: si dice capiti quando si è molto arrabbiati o quando si ha molta fame perché, in entrambe le situazioni, il sangue sale al cervello. Uno studio statunitense, dell’American Psychological Association, pubblicato sulla rivista Emotion, dimostrerebbe che i due fenomeni non sono disgiunti. Anzi: rabbia e fame o mente e stomaco, se volete, sarebbero strettamente connessi. E a influenzare questo rapporto ci si metterebbero pure emozioni e contesti, aggravando in taluni casi l’ira funesta delle manifestazioni.
Non solo glicemia. Nell’opinione comune la mosca al naso e dunque la rabbia sale, quando con l’avvicinarsi dell’ora dei pasti, il corpo comincia ad avere livelli più bassi di glicemia. Ad essere insomma in riserva di zuccheri. Potrebbe essere una valida spiegazione, ma il meccanismo iroso sembrerebbe ben più complesso. La scienza avrebbe infatti dato un ulteriore motivazione al fenomeno: se ci arrabbiamo, quando abbiamo fame, la colpa sarebbe anche della stretta relazione tra mente e corpo su cui giocano un ruolo importante le emozioni. Che, se siamo in grado di governare, ci consentono di sentire e padroneggiare meglio anche gli stimoli della fame e le sue implicazioni, mentre se ciò non accade, succederebbe il parapiglia. Lo hanno tradotto bene gli inglesi favoriti dai loro due termini linguistici: hungry, affamato, e angry, arrabbiato. Basta aggiungere una h davanti a questo secondo termine, ed ecco nascere il conio hangry: rabbia da fame. Questa relazione tra rabbia e fame, stomaco vuoto e cervello, più emozioni (in)controllate, su cui può pesare pure il contesto ambientale, sarebbe dimostrata da due studi americani: uno online e uno sul campo.
Lo studio online. La prova sembrerebbe quasi certa: la rabbia da fame insorge e si manifesta con reazioni differente, di intensità variabile a seconda che le sensazioni spiacevoli legate a questo stimolo primario siano associate a immagini percepite come negative, positive o neutre. I ricercatori americani hanno coinvolto in un primo studio/sondaggio on-line, via web insomma, 400 partecipanti cui sono state mostrate varie immagini suscettibili di sensazioni molto diverse tra loro, piacevoli, sgradevoli o indifferenti concludendo con una immagine riguardante gli incomprensibili ideogrammi cinesi. A tutti è stato chiesto di esprimere un indice di gradimento su questi pittogrammi, in una scala da zero a sette, unitamente al livello di fame al momento del test.
Che cosa ne è uscito? I partecipanti avrebbero espresso sulla scrittura cinese un giudizio di sgradevolezza tanto più negativo se in precedenza avevano osservato immagini ritenute spiacevoli. Diverse sarebbero state invece le considerazioni in caso di una esposizione a una immagine positiva o neutra. In conclusione i ricercatori avrebbero dedotto che il contesto, favorevole o sfavorevole, induce a tradurre le sensazioni di fame in una interpretazione negativa dei simboli. Ma anche che la capacità di meglio controllore emotivamente lo stimolo della fame porta ad avere, in misura sensibilmente minore, reazioni a dir poco furiose.
Il test in vivo. I ricercatori hanno poi voluto sperimentare le loro ipotesi anche sul campo, così hanno coinvolto all’incirca 200 studenti universitari cui è stato chiesto di digiunare o di mangiare qualche cosa, anche di leggero, prima di sottoporsi al test. I giovani partecipanti hanno dapprima riempito un questionario mirato alla valutazione delle proprie emozioni e successivamente a eseguire un compito noioso e irritante, come la compilazione di un documento elettronico che periodicamente dava knock out, si chiudeva automaticamente o altro, appositamente studiato per indurre sentimenti e sensazioni negativi. Ma non è tutto, perché gli studenti erano sottoposti anche all’azione negativa dei docenti che li rimproveravano per non avere eseguito la mansione a dovere, per averci messo troppo tempo, o per non avere portato a termine il compito. Anche in questo caso, neanche a dirlo, il risultato era rabbioso. Ma, a manifestare maggiore insofferenza, intolleranza, stress erano i più affamati, con evidenti reazioni di rabbia, specie quando perdevano il controllo delle loro emozioni. Mentre chi, nonostante il contesto negativo e difficile, riusciva ad ascoltare se stesso, manifestava reazioni ai rimproveri e alla situazione ben più contenute.
L’interpretazione e l’applicazione degli studi. I ricercatori, dagli studi, avrebbero tratto almeno due conclusioni: la prima, già ipotizzata e ulteriormente confermata, e cioè che esisterebbe uno stretto legame fra i segnali/reazioni del corpo e le risposte della mente. Il secondo aspetto, sebbene la ricerca attuale sia riferita agli stimoli della fame, riguarderebbe la possibilità di estendere questa relazione anche ad altre condizioni del corpo che inducono emozioni negative, come ad esempio la stanchezza.