Perché la Corte Costituzionale ha bocciato la "legge anti-moschee"
È stata fermata dalla Consulta la legge regionale lombarda sui luoghi di culto, il testo approvato dal Pirellone per stabilire norme urbanistiche più strette in merito all’edificazione di centri religiosi e che è stata definita “Legge anti-moschee”. A impugnare il pacchetto di norme era stato lo stesso governo italiano, sostenitore del ricorso alla Consulta, dalla quale è arrivata la decisione ieri in serata. Ancora non sono state rese pubbliche le motivazioni (per le quali occorrerà attendere due settimane), ma per i giudici costituzionali il testo promosso dalla Lega «viola la libertà di culto».
Il testo voluto dalla Lega. La legge era stata caldamente voluto dalla Lega, trovando l’adesione di tutto il centro destra a gennaio del 2015, all'indomani delle stragi di Parigi presso la redazione di Charlie Hebdo. Era prevista l’introduzione di alcune restrizioni di tipo urbanistico che rendevano più difficile ottenere l’autorizzazione per costruire nuovi luoghi di culto. Il testo non faceva diretto riferimento a moschee e comunità musulmane, ma è sempre stato visto come un messaggio netto alle comunità islamiche, che da tempo chiedono di poter aprire centri di preghiera nelle città italiane (anche a Milano e a Bergamo). Nello specifico, il tema veniva affrontato unicamente come una questione urbanistica, introducendo la possibilità di chiedere referendum nei comuni dove gli edifici dovevano essere edificati, oltre alla presenza di videocamere di sicurezza collegate con la questura dall’esterno delle strutture, parcheggi grandi due volte la superficie dell’edificio e l’obbligo per i comuni a procedere a valutazioni ambientali strategiche.
Le critiche alla legge. Il testo, però, aveva ricevuto numerose critiche da diversi fronti. A partire dalla stessa Curia di Milano, che aveva messo in luce tutti i suoi dubbi relativi alla costituzionalità della legge. Più duro era stato il sindaco di Milano Pisapia: «Legge sbagliata e con nessuna dignità costituzionale», mentre i sindaci dell’Anci avevano segnalato il rischio di ulteriori complicazioni per le procedure che devono affrontare già regolarmente gli enti locali.
«Balle della sinistra». Tuttavia, a impugnare il testo e a sottoporlo al giudizio della Consulta era stato il governo, nel marzo del 2015. «Renzi ormai impugna ogni nostra legge, che si tratti di moschee, di sanità o di nutrie», era stata la reazione del governatore lombardo Maroni. «È solo ritorsione ma non ci intimidisce. Il nostro testo non limita affatto la libertà di religione. Queste sono le balle della solita sinistra intollerante e cialtrona». Secondo il Pirellone, «la legge può essere adottata anche dalle altre Regioni italiane e diventare dunque un modello nazionale in questo settore così delicato in questo particolare momento che stiamo vivendo», e in questi 12 mesi trascorsi dalla sua approvazione, sostengono, non ha creato alcun genere di problema. Fino alla bocciatura di ieri, accolta oggi da Maroni in maniera piccata: «La Consulta ha bocciato la nostra legge che regolamentava la costruzione di nuove moschee. La sinistra esulta: Allah Akbar».
La Regione: «Rifaremo la legge». Ma al di là della reazione caustica del governatore, si registrano anche le voci di altri esponenti del Pirellone. Come ad esempio l’assessore alla sicurezza Simona Bordonali, che ha spiegato come la Regione si doterà comunque di un nuovo testo, per «una questione di sicurezza: capiamo che il Governo italiano non sia particolarmente sensibile al tema, ma i lombardi sanno fare da soli, basterebbe che da Roma non ci fosse alcuna ingerenza. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano chiarisca la propria posizione, visto che il partito di cui è segretario ha votato questa legge, mentre il Governo di cui fa parte l’ha impugnata». Anche l’Assessore al territorio e all’urbanistica Viviana Beccalossi ha spiegato che, abbattuta la legge, il consiglio regionale lombardo si muoverà per dotarsi di un nuovo testo: «L’intento di Regione Lombardia nello stilare la nuova Legge sulla quale si è appena pronunciata la Corte Costituzionale era quello di garantire maggiore sicurezza per i cittadini lombardi, grazie anche all’installazione di telecamere per la video sorveglianza e all’obbligo di parlare in italiano. Aspettiamo ora le motivazioni della Corte Costituzionale ma l’intento di Regione Lombardia resta quello di tutelare i propri cittadini. Un’eventuale prossima legge lombarda in materia manterrà questo obiettivo».