In seguito agli stress-test

Come mai le banche italiane terrorizzano gli investitori

Come mai le banche italiane terrorizzano gli investitori
Pubblicato:

Dopo l’esordio di due anni fa, anche in questo 2016 la Bce ha realizzato i cosiddetti “stress-test”, una serie di simulazioni e verifiche su alcune banche dei Paesi membri al fine di ottenere ipotesi credibili circa le reazioni che i vari istituti di credito potrebbero avere in caso di svariati ed eventuali accadimenti. I risultati emersi, per quanto riguarda le banche italiane, non sono stati molto rassicuranti: oltre a paventati (e prevedibili) disastri verso i quali andrebbe incontro la malata cronica Monte di Paschi di Siena in caso di peggioramento delle attuali condizioni, hanno mostrato più di una crepa (per quanto comunque siano stati promossi) anche i principali colossi del credito nostrano, Unicredit e Intesa Sanpaolo. E le borse, ovviamente, non hanno tardato a dire la loro circa gli esiti degli stress-test: a metà giornata di martedì 2 agosto, l’indice bancario italiano era sotto del 3,5 percento, con picchi negativi che si aggiravano intorno al -10 percento anche per istituti come Unicredit. Cerchiamo, allora, di capire cosa stia succedendo.

 

unicredit-sede-milano-1030x615

 

Anzitutto, cosa sono gli stress-test. Ereditando una prassi fino al 2014 esclusivamente americana, la Bce decise, per orientare la fiducia dei mercati e in osservanza delle sempre più rigide regole di trasparenza, di mettere alla prova alcune banche europee, attraverso meccanismi di valutazione complessiva denominati “comprehensive assessments(letteralmente, “verifica globale”). Questo procedimento si compone di due momenti fondamentali: l’aqr (asset quality review), ovvero un’analisi della qualità degli attivi delle banche, e gli stress-test, ovvero un esame per testare la resistenza delle banche di qui ai prossimi due anni di fronte ad uno scenario economico di base (cioè secondo le previsioni formulate dalla Commissione europea) e poi di fronte invece ad una situazione particolarmente critica. Sostanzialmente, si tratta di una valutazione volta a verificare che gli istituti bancari siano in grado di rispondere positivamente all’attuale situazione finanziaria ed eventualmente ad un suo inasprirsi.

Per ciascuno di questi tre esami (asset quality review, stress-test in condizioni base e stress-test in condizioni negative) la Bce offre un numero indicante l’eventuale ammanco patrimoniale secondo i vari momenti, oppure, in caso di virtuosità dell’istituto, gli attivi risultanti. Le banche che hanno presentato, al termine delle verifiche, diverse passività, hanno quindici giorni per predisporre un piano di capitale (da eseguire in 6 o 9 mesi in base alla criticità) per colmare il deficit attraverso aumenti di capitale, vendita di attivi, o produzione di strumenti finanziari da offrire ai compratori (azioni, obbligazioni ecc.).

A onor del vero, bisogna sottolineare come queste valutazioni non siano complete e perfettamente attendibili, in primo luogo perché si basano solo su alcuni aspetti dei bilanci bancari (quelli strettamente legati al capitale), in secondo luogo perché il fatto che un istituto non superi positivamente i test, non significa per forza che sia a rischio. La predisposizione di queste verifiche ha più uno scopo precauzionale, come a voler fugare ogni tipo di rischio per gli anni a venire, considerata anche la recente (ed attuale) storia bancaria mondiale in seguito alla crisi economica.

 

arton37838-f51e0

 

I risultati delle banche italiane e le reazioni del mercato. Complessivamente, sono una banca su cinque italiane esaminate non ha superato gli stress-test, e si tratta di Monte dei Paschi di Siena, risultata in assoluto la peggiore fra i 51 istituti di credito europei presi in esame, mentre le altre quattro (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e Banco Popolare), pur con qualche affanno, hanno strappato la promozione. La quale, però, non è stata decisamente sufficiente a convincere i mercati che le banche italiane dispongano delle necessaria solidità per affrontare eventuali accadimenti negativi: crollo vertiginoso per Mps, male anche l’indice di Unicredit. Per uscire dall’etere delle percentuali di mercato, in sostanza, il brutto andamento borsistico dice che gli investitori non hanno particolare fiducia nelle nostre banche, e dunque in seguito agli stress-test hanno deciso di vendere una discreta quantità di strumenti finanziari emessi dagli istituti in questione, causandone, ovviamente, una diminuzione del valore e dunque un abbassamento del titolo di mercato. Ma cos’è, al di là degli stress- test, che terrorizza tanto delle banche italiane?

 

NPL_Tuition_io

 

Un sistema da innovare e il problema degli “npl”. La zavorra che trascina le banche italiane in un vortice di incertezza e instabilità trae origine fondamentalmente da due aspetti: un sistema dirigenziale e amministrativo ormai del tutto privo di senso, e il problema dei cosiddetti “npl”. Per quanto riguarda il primo punto, le banche italiane sono caratterizzate da sistemi di governance ormai più che antiquati, da eccessivi legami con la politica, da un numero spropositato di filiali e dipendenti e da un numero eccessivo anche di banche stesse, dettato da uno spirito territoriale che sfocia spesso in campanilismo: questa è la mia zona e devo avere la mia banca. Tutti elementi che portano ad un colossale spreco di denaro e ad una difficoltà governativa che nel tempo ha presentato il suo conto.

In secondo luogo, i “npl”, ovvero i “non performing loans”: si tratta di crediti che le banche non riescono a riscuotere. In pratica, coloro che hanno ricevuto denaro in prestito da un istituto di credito (si parla soprattutto di imprese) si ritrovano a non essere più in grado di restituirli al momento del saldo del debito. Un accumulo di crediti deteriorati genera in una banca le cosiddette “sofferenze”. A voler cercare ipotetici responsabili del crearsi di situazioni del genere, bisognerebbe pescare da ambo le parti: perché se è vero che chi è debitore è tenuto a restituire quanto ricevuto, è anche vero che chi eroga credito deve farlo con criterio, analizzando a dovere le garanzie che il richiedete offre. A rischiare di più, in un panorama del genere, sono naturalmente le banche più piccole, per le quali elevate sofferenze possono alla lunga comportare il fallimento. Al momento, dicono gli analisti, il 17 percento del totale dei crediti delle banche italiane rischia di non essere mai più recuperato.

Seguici sui nostri canali