Perché si evadono le tasse (alcune ragioni, non tutte)
È una domanda semplice, ma su cui, da anni, giuristi ed economisti tentano di trovare risposta: perché si evadono le tasse? La risposta ricercata, oltre che di importanza teorica, ha dei chiari risvolti sociali, economici e politici: trovare il motivo che sta alle fondamenta dell’evasione permetterebbe anche di attuare metodi più efficaci di contrasto. Linkiesta ha, nei giorni scorsi, riportato i risultati di un interessante studio svolto da Lefebvre et alias e volto proprio ad offrire una risposta convincente all’annoso dilemma esposto poc’anzi. Lo studio si è svolto attraverso un esperimento controllato, condotto in un campione di individui in Francia, Belgio e Paesi Bassi. Consisteva nell’offrire, ai partecipanti, due possibilità: dichiarare un reddito vero e certificato, oppure dichiararne uno falso, nello specifico comprendente una retribuzione “in nero” per un soggetto che, davanti alle autorità, risultava essere invece disoccupato. Lo studio era interessante soprattutto perché permetteva di valutare sia le frodi in ambito fiscale che quelle in ambito di welfare sociale (un disoccupato che riceve sussidi e froda lo Stato tenendo segreto un reddito non dichiarato).
Il grafico dei risultati dell'esperimento riportato da Linkiesta.
I risultati dello studio. I risultati dell’esperimento, in realtà, non hanno fatto altro che confermare cose che già si sapevano. Nello specifico, la ricerca mette in luce che più aumentano le probabilità di essere scoperti, più diminuiscono le persone che optano per una dichiarazione dei redditi falsa. C’è poi una tendenza maggiore a frodare il sistema di welfare sociale piuttosto che il sistema fiscale, ritenendo probabilmente meno grave usufruire di servizi offerti dallo Stato, seppur non dovuti al soggetto in questione, rispetto che dichiarare un reddito falso. La vera “novità” della ricerca, per certi versi, è il fatto che le diverse culture dei Paesi non paiono influire sul tasso di evasione fiscale. Si può quindi dire che il mito degli italiani più inclini alla frode sia, almeno teoricamente, sfatato. Anche perché la ricerca mette in luce un risultato di politica economica chiaro: gli incentivi impliciti del sistema sanzionatorio e legale sono il maggior driver dell'evasione, che, detto in termini più chiari, significa che un sistema normativo caotico, poco limpido e complicato non fa altro che incentivare l’evasione. Una ricostruzione in cui, noi italiani, ci ritroviamo particolarmente.
In Italia si continua a pagare di più. Del resto è da anni che i numeri parlano di un’Italia leader europea indiscussa nella tassazione ai propri cittadini. L’Ufficio Studi Confcommercio, nel 2013, ha reso noto che la pressione fiscale effettiva, nel nostro Paese, tocca il 54%. Una percentuale che, a differenza che negli altri Stati, è continuata ad aumentare nel Nuovo Millennio: dal 2000 al 2013 c’è stato un incremento del 2,7%, secondo Paese dietro solamente al Portogallo (aumento del 3,2%). Anche lo studio della Confcommercio conferma i più recenti risultati dell’esperimento condotto da Lefebvre et alias: l’alto livello di pretesa fiscale e il caos normativo, sono il primo incentivo all’evasione. Che l’Italia viva, oramai cronicamente, un problema di pressione fiscale è evidente se si confronta il 54% nostrano con la pressione fiscale degli altri Stati: partendo dai tre Paesi protagonisti dell’esperimento di Lefebvre et alias, la Francia ha una pressione fiscale del 50,3%, il Belgio del 49,3% e l’Olanda del 40,8%. L’unica Nazione che si avvicina alla nostra tassazione è la Danimarca, con il 51,1%. In Europa, il “paradiso” risulta essere l’Irlanda (28,4%), mentre nel resto del mondo la minor pressione fiscale è presente negli Stati Uniti (27,9%) e in Messico (26,2%).