a botta di sedrina

Petizione della Lega per chiudere il centro di accoglienza, il parroco dice no agli slogan

Il Carroccio ha raccolto 714 firme da parte di cittadini esasperati dai comportamenti dei richiedenti asilo. Don Roberto Mocchi nel riconoscere che sono il segno di un'insofferenza, propone invece il dialogo per cambiare questa percezione della realtà che a suo giudizio è errata

Petizione della Lega per chiudere il centro di accoglienza, il parroco dice no agli slogan
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Si è chiusa a quota 714 sottoscrizioni la raccolta firme promossa dalla sezione della Lega di Sedrina per chiedere la chiusura del centro di accoglienza “casa San Giuseppe” (l’ex casa dei ritiri) a Botta di Sedrina. «Da anni i cittadini di Botta, ma anche di tutta la Val Brembana, subiscono una serie di disagi da parte di richiedenti asilo poco controllati dai gestori che fanno capo alle cooperative della Caritas bergamasca», si legge nella nota della sezione locale del Carroccio nella quale vengono indicate le ragioni alla base della richiesta di chiusura. Tra le motivazioni vi sono le lamentele e preoccupazioni espresse dai cittadini, derivanti da comportamenti poco consoni tenuti dai richiedenti asilo.

Ma è anche forte la preoccupazione in vista della riapertura delle scuole «per il servizio di trasporto pubblico da e verso Bergamo: alla fermata di Botta si rischia, visto sempre l’alta affluenza degli “ospiti” che usufruiscono del pullman, che alcuni nostri ragazzi rimangano a piedi, oppure rischiosi assembramenti sui mezzi pubblici. Tale preoccupazione si aggiunge alle ormai divenute quasi abituali discussioni, disordini e risse a danno degli operatori delle corse».

Nel merito, come riporta Bergamo News, è intervenuto il parroco della frazione don Roberto Mocchi che, commentando il così grande numero di adesioni alla petizione, ha però sottolineato che il problema va affrontato senza slogan o strumentalizzazioni di parte.

Le firme, come evidenzia il sacerdote, sono segno di un’insofferenza delle persone rispetto alla situazione, vissuta da molti come un problema. La soluzione per don Mocchi potrebbe essere rappresentata da un maggiore dialogo tra autorità civili e diocesi e da un maggior coinvolgimento della popolazione rispetto ai contenuti dei progetti di accoglienza. Ciò contribuirebbe a cambiare questa percezione anche perché, come conclude il parroco, i problemi vengono spesso amplificati: è vero che a volte sono intervenute le forze dell’ordine, ma gli risulta che si siano mai verificati fatti gravi.

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