Picchiato di fronte a moglie a figlia Il camionista di Medolago racconta
Preso a sprangate sotto gli occhi di moglie e figlia, nel suo letto, poco dopo essersi addormentato. Peggio di un incubo da cui ci si sveglia madidi di sudore. Qui il risveglio c’è stato, ma a suon di botte: Giovanni Zamblera, detto Gianni, camionista di 58 anni con casa a Medolago e azienda a Chignolo d’Isola, due settimane fa è stato vittima di un’aggressione che definire brutale è riduttivo. Il caso è stato portato sotto ai riflettori dall’ex parlamentare Alessandra Gallone (attualmente è consigliere comunale a Bergamo) che lo conosce bene per la sua militanza politica: nel 2013 Zamblera aveva messo a disposizione il suo Tir per la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, e si era anche candidato in Consiglio regionale a Lecco.
Scene da film dell’orrore, seguite dal terrore di finire nuovamente vittime di una ferocia simile e dai dubbi di trasferirsi altrove, in cerca di un senso di sicurezza ormai perduta, emergono dal ricordo di quella notte. «È successo domenica 26 giugno, stavo guardando la partita con mia moglie e, siccome mi alzo alle 4 per andare al lavoro, alle 21,30 sono salito in camera e sono andato a letto. Mi sono addormentato quasi subito. Nel dormiveglia ho sentito le sue urla: “Gianni, Gianni! Rapina!”. Non avevo ancora aperto gli occhi che un uomo incappucciato ha cominciato a prendermi a sprangate in testa», ha raccontato a L’Eco di Bergamo. La moglie, rimasta davanti alla tv, ha visto entrare tre uomini a volto coperto. Subito si è messa a urlare, svegliando Gianni e la figlia di tre anni. Uno solo era armato, gli altri no. Hanno immobilizzato moglie e figlia. Gianni, colpito in testa, all’addome, sulle braccia, ha provato a reagire: un pugno al suo assalitore è riuscito a sferrarlo, poi gli ha tolto il cappuccio. Ma sono arrivate altre botte a farlo desistere. «So che hai cassaforte, apri cassaforte!», gli hanno urlato con accento dall’Est. Ma Zamblera in casa, dice, non ha né cassaforte né contanti. Però il Rolex al polso l’ha dovuto consegnare. Poi i rapinatori li hanno chiusi a chiave in una camera e sono scappati.
Lo shock è stato fortissimo. Riusciti a liberarsi, Gianni e la sua famiglia hanno pensato subito di chiamare il 112. «Non riuscivo a comporre il numero – racconta -. Ho chiamato un amico, un ex poliziotto, e mi ha detto di stare calmo che avrebbe chiamato lui le forze dell’ordine». Sono arrivate diverse pattuglie dei carabinieri, la stazione di Calusco d’Adda e il Norm di Zogno. Le descrizioni fornite parlano di banditi sui trent’anni, dalla nazionalità incerta: romeni, albanesi, oppure italiani che si fingevano slavi per sviare le indagini?
Ad attirare i rapinatori l’esterno della villetta dove Zamblera vive: a due piani, appariscente. Ha fatto gola. Sono entrati da una portafinestra al primo piano. Niente guanti: i militari hanno prelevato delle impronte, ma per il momento non ci sono sviluppi. «Sono stato portato in ambulanza all’ospedale di Zingonia, dove mi hanno sottoposto a una Tac alla testa e radiografie alle braccia. Mi hanno messo 10 punti in testa e altri 6 sulla nuca, sono rimasto in osservazione tutta la notte e a mezzogiorno di lunedì sono stato dimesso. Uscito dall’ospedale sono andato a fare denuncia ai carabinieri di Calusco», racconta ancora Gianni.
Si sente tutto lo scoramento e la disillusione di chi sa che questa nuova paura minerà a lungo la serenità della sua famiglia. Ma c’è anche la rabbia: gli sarebbe piaciuto opporre maggiore resistenza: suo figlio di 20 anni era al mare, «altrimenti sarebbe accorso in mio aiuto e magari saremmo riusciti a tenerli a bada». Si alza tutti i giorni presto per andare a lavorare, Gianni. Talvolta la notte non torna, se viaggia all’estero. E moglie e figlia, la prima volta che è successo dopo quella notte di terrore, sono andate a dormire in albergo. Non vogliono più stare lì, gli hanno detto. Forse solo il tempo potrà lenire questa ferita. La sfiducia nello Stato, invece, non si rimargina.