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Pif a Bergamo con il suo nuovo film «Sulla mafia tanta diseducazione»

Pif a Bergamo con il suo nuovo film «Sulla mafia tanta diseducazione»
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Con quel fare impacciato ma irriverente, un po’ un Woody Allen del documentarismo tra realtà e romanzo, ha conquistato prima la critica, poi il grande pubblico. Con una sovraesposizione mediatica, nei mesi passati, perché fare da testimonial alla Tim l’ha portato ad occupare settori ampi del battage pubblicitario sulle tv generaliste e su web. Lui, però resta un regista e narratore. Bravo, che sa scherzare sugli altri e su sé stesso, mescolare cose serie e cose buffe. Un po’ naif ma acuto e poi profondo. Fa il tonto, ma è solo una modalità per scardinare la superficie delle cose e andare oltre. Lui è Pierfrancesco Diliberto aka Pif, protagonista del gran finale di Molte fedi sotto lo stesso cielo, rassegna delle Acli provinciali. Stasera, lunedì, è presente alla proiezione del suo ultimo film, In guerra per amore, all’Auditorium di Piazza della Libertà, alle 20.45. Ma non solo: ci torna domani, martedì, all’auditorium, per una doppia proiezione: alle 9 (solo per gli studenti), e alle 11, aperta a tutti. I posti andavano prenotati: tutti gli appuntamenti sono sold out.

Il film. In guerra per amore è una commedia romantica sullo sfondo dello sbarco degli americani in Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film racconta l’origine dell’ascesa della mafia attraverso la vicenda di Arturo e Flora, due giovani che vorrebbero sposarsi, ma non possono perché il padre di lei, ristoratore a New York, l’ha promessa sposa ad un mafioso siciliano.

 

 

L’impegno di Pif. Con la sua ironia e il suo spirito critico è diventato testimone e opinionista del Paese e dei suoi cambiamenti. Dopo aver lavorato come autore ed inviato nel programma Le Iene, ha realizzato per Mtv la trasmissione Il testimone. Nel 2013 ha consacrato il sogno coltivato sin da bambino di diventare regista con La Mafia uccide solo d’estate, film che ha ricevuto numerosi premi tra i quali il prestigioso David di Donatello.

Non si ferma. Il prossimo obiettivo, dichiara Pif, nato a Palermo nel 1972, a Fulvio Caprara su La Stampa, è «denunciare i primi insediamenti mafiosi su Marte». Il nuovo film è stato considerato quasi un prequel della Mafia uccide solo d’estate. E il film, scrive sempre Caprara, «ne conferma la vena artistica, il gusto di raccontare sorridendo verità su cui non c’è niente da ridere: “Lo sbarco delle forze alleate in Sicilia, nel ’43, ha segnato indelebilmente il nostro Paese. Il patto di collaborazione tra mafia e militari americani stabilito nell’occasione si rivelò decisivo allora e poi negli anni seguenti, quando Cosa Nostra prosperava, in Italia e nel mondo”.  Nomi celebri dell’epopea di Cosa Nostra, da Lucky Luciano a Vito Ciancimino, ricavarono, dall’avvio di quella trattativa, vantaggi immediati e duraturi: “Oggi viviamo una fase ancora più pericolosa. La mafia non uccide più, è in difficoltà, perché la crisi ha colpito duro anche nelle sue fila. Dovremmo darle il colpo di grazia e invece non se ne parla mai”.  L’amore, come nel film d’esordio, è una forza che può tutto. Anche convincere l’imbranato lavapiatti Arturo (Pif) a lasciare New York, arruolarsi e partire per la Sicilia, alla ricerca del padre della fidanzata Flora (Miriam Leone), perché solo lui potrà dare il consenso alla loro unione contrastata: “Dello sbarco sull’isola abbiamo raccontato gli aspetti tragicomici, i bambini che si stupivano vedendo per la prima volta jeep e soldati di colore, i non vedenti piazzati sul Monte Pellegrino per captare, forti del loro udito infallibile, i rumori che preludevano ai bombardamenti, i militari che erano in gran parte italiani e quindi era come se i nipoti si trovassero a dover bombardare le case delle nonne”». E poi i ricordi di quelli che c’erano: impossibile togliersi dagli occhi l’immagine del mare non più percepibile alla vista per le troppe navi.

Cosa fare contro la Mafia. Gli eventi riportati sono, secondo il suo autore, «inattaccabili»: potrebbero creare malumori, comunque, perché «sulla mafia – commenta Pif -  c’è ancora una grande diseducazione. Se vogliamo sconfiggerla dobbiamo smetterla di puntare il dito contro gli altri e iniziare a puntarlo su di noi».  I siciliani, secondo lui, devono decidersi e uscire dal circuito malavitoso, creando un’economia sana. Difficile, ma non impossibile. Come il ponte sullo stretto. «In un Paese normale- chiosa - sarebbe già stato costruito, il fatto è che noi siciliani siamo talmente disillusi che non crediamo più a niente».

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