Post Coronavirus: che Bergamo sarà? La rivoluzione per una nuova città
La Giunta Gori ha presentato una riflessione a 360 gradi che approfondisce i temi della vita cittadina sul dopo Coronavirus. Tutti sono chiamati a dare il proprio contributo.
Tempo e spazio, due concetti che il Coronavirus ha buttato all’aria in modo radicale. Non saranno più concepibili come prima, perché nulla sarà come prima. D’ora in poi nella storia ci sarà un prima e un dopo Coronavirus. Bergamo si è trovata ad essere epicentro di una epidemia mondiale, che sta lasciando ferite non rimarginabili. Ma occorre pensare al futuro. Alla città del domani. A come ci potremo riorganizzare. È necessario imparare a vivere una nuova condizione, perché un’altra volta non possa accadere. La Giunta Gori si è chiesta come dovrà essere la città per rimettersi in funzione. Una riflessione a trecentosessanta gradi, imposta dall'azzeramento avvenuto in questi ultimi due mesi. Lavoro, scuola, turismo, cultura, trasporti, welfare: nulla potrà essere come prima. Soprattutto finché non sarà trovato l’antidoto sicuro che sconfiggerà il Covid.
Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha presentato un documento aperto al contributo della città. Si intitola: «Bergamo 2020. Strategia di rilancio e di adattamento». È la posizione della Giunta comunale. Si articola in 14 capitoli: Flessibilità; Tempi e orari; Servizi digitali e dati; Mobilità e sostenibilità; Vecchie e nuove fragilità; Dimensione quartiere; Verde e salute; Uso sicuro dello spazio pubblico; Attività economiche; Ripensare il commercio; La cultura per ripartire; Il turismo che verrà; Infrastrutture, edilizia, opere pubbliche; La città dei bambini e dei ragazzi; La sicurezza e il ruolo della Polizia locale al tempo del Coronavirus.
«La necessità di convivere nei prossimi mesi con il Coronavirus, - scrive la Giunta nell'introduzione al documento - oltre a quella di far fronte alle conseguenze della lunga sospensione di tante attività produttive, chiama l’Amministrazione comunale di Bergamo alla responsabilità di elaborare una strategia articolata, che abbraccia tutti gli ambiti della vita cittadina. Si tratta da un lato di mettere a punto una serie di scelte volte al “recupero” di ciò che stato danneggiato dal lockdown, e dall’altro di immaginare un forte cambiamento di molti aspetti della nostra vita quotidiana, radicalmente impattati – anche se forse solo provvisoriamente – dalla necessità di tutelare la salute dei cittadini e di evitare una nuova diffusione dell’epidemia. Siamo chiamati a cambiare il nostro modo di vivere e a immaginare una diversa organizzazione della città. Ovviamente molte decisioni deriveranno dalle istituzioni nazionali e regionali, per le rispettive competenze, ma già sappiamo che anche a livello locale sarà necessario riprogettare attività e servizi, così da comporre una “nuova normalità” segnata dalla coabitazione col virus. Questo esercizio richiede, necessariamente, una rilettura del piano di mandato della Giunta, i cui obiettivi restano attuali ma che non può non risentire del nuovo scenario. È dunque in primis la componente politica dell’amministrazione, la Giunta, insieme alla sua maggioranza, a doversi mettere in gioco. Ma riteniamo che il processo di adattamento di Bergamo al contesto post-Covid possa più efficacemente essere messo a fuoco e implementato se si saprà realizzare un processo di confronto esteso e inclusivo che veda l’intera città – attraverso le diverse forme di rappresentanze – dare il suo contributo».
TURISMO E CULTURA - Si tratta di ricostruire ciò che è andato distrutto in poco più di due mesi, di ribaltare l’immagine della città - oggi universalmente collegata al nome del virus - per tornare a renderla attrattiva, anche sotto il profilo turistico. Crediamo che una leva fondamentale per ripartire possa essere la cultura. Nonostante le limitazioni a cui il settore sarà costretto nei prossimi mesi. Lo sviluppo turistico di Bergamo è infatti avvenuto attorno alle sue bandiere culturali, da Donizetti alla Carrara, dalle Mura Patrimonio Unesco alle sue architetture, attraverso le tante manifestazioni che ne hanno arricchito il calendario. Molte di queste andranno ripensate, al tempo del Coronavirus, e nondimeno pensiamo che il rilancio della città non possa che passare da una particolare vivacità del ricco sistema della cultura che la città è in grado di esprimere, accompagnata al requisito di “città sicura”. Bergamo è chiamata a rimettersi in piedi e ricostruire ciò che è andato distrutto in poco più di due mesi. In gioco c’è l’anima stessa della città, fatta di relazioni, socialità e condivisione. È necessario dotare la città - a integrazione dei dispositivi attivati dal governo - di strumenti di intervento economico a sostegno del tessuto produttivo della città, in particolare dei settori più colpiti. Saremo chiamati a ridefinire l’uso degli spazi pubblici: delle piazze, delle strade, dei parchi e degli spazi verdi, provando così a combinare distanziamento fisico, salvaguardia delle relazioni sociali e sostenibilità economica di queste funzioni.
BUROCRAZIA: ITER SNELLI E VELOCI - Servirà anche operare, nei limiti del possibile, per uno snellimento delle procedure, con il doppio obiettivo di accelerare il più possibile la realizzazione delle opere pubbliche già previste – cosa rilevante anche per i benefici che potrà portare al settore delle costruzioni e all’indotto collegato – e di semplificare la relazione tra le imprese e la pubblica amministrazione; e così, viste le limitazioni di capienza a cui sarà sottoposto il trasporto pubblico, per favorire in ogni modo lo smartworking e lo sfalsamento degli orari di molte attività – a partire dai servizi comunali rivolti al pubblico – al fine di evitare concentrazioni negli spostamenti e picchi di traffico. È come se entrambe le dimensioni principali del nostro vivere – il tempo e lo spazio – andassero improvvisamente rivisitate.
La necessità di diluire le presenze nei diversi luoghi della città per evitare assembramenti e rischi di contagio ci spinge verso una dilatazione del “tempo utile” giornaliero, con l’adozione di orari differenziati e di turnazioni. Lo smartworking, con cui decine di migliaia di cittadini di Bergamo hanno familiarizzato nelle scorse settimane, grazie anche a tecnologie di recente diffusione, contiene a sua volta un’esperienza di contrazione dello spazio, e di sostanziale riduzione degli spostamenti, da cui sarà importante non recedere nei prossimi mesi.
MOBILITÀ - Sappiamo già che quello della mobilità sarà uno dei campi di più complessa gestione, anche dal punto di vista politico. La strategia di progressivo “trasferimento” di quote di mobilità dal mezzo privato (auto) al trasporto pubblico è pesantemente minata dalle necessità di protezione sanitaria che oggi si impongono. Fino a che non sarà disponibile un vaccino i mezzi pubblici saranno soggetti a rilevanti limitazioni della loro capienza (fino al 75%) e saranno probabilmente percepiti come luoghi poco sicuri. L’uso dell’auto privata verrà percepito come il modo più sicuro per muoversi. L’unica opzione che abbiamo è puntare con forza sulla mobilità dolce, convinceremo i nostri cittadini a usare di più la bicicletta – o la e-bike, o i monopattini elettrici, o gli scooter elettrici – se faremo dei passi concreti per favorire queste soluzioni, a partire dalla realizzazione di nuove piste ciclabili, di percorsi sicuri, e da forme di incentivazione diretta.
I QUARTIERI - Se dobbiamo evitare gli affollamenti e ridurre la domanda di mobilità; se vogliamo tuttavia garantire a tutti i cittadini la piena accessibilità dei nostri servizi e rafforzare la dimensione di prossimità dobbiamo puntare con forza sui quartieri. Decentramento dei servizi comunali, welfare di quartiere (addirittura di strada o di condominio), pieno coinvolgimento della cittadinanza attiva a partire dalla felice esperienza delle Reti di quartiere, rivalutazione dei luoghi d’incontro decentrati (il progetto “una piazza in ogni quartiere”), potenziamento della cultura diffusa: questa era già la nostra idea. Ma adesso ne siamo ancora più convinti.
WELFARE - L’epidemia in aggiunta ha messo particolarmente a nudo la vulnerabilità dei cittadini più anziani, e non solo dal punto di vista sanitario. La condizione di solitudine che caratterizza la vita di molti di loro si è rivelata un ulteriore fattore di fragilità che occorrerà cercare di colmare con il potenziamento dei servizi domiciliari e un’accelerazione del progetto di welfare territoriale avviato nei mesi scorsi. Lo stesso potremmo dire della cura dei bambini, in questo avvio di Fase 2 forse uno dei temi più trascurati e più critici. Anche qui – vista la complessità che potrebbe caratterizzare il riavvio dell’attività scolastica, e ancor di più le attività educative per la fascia 0-6 – i quartieri appaiono la dimensione di una possibile organizzazione “dal basso”, fondata sulla condivisione e sulla mutualità.