La denuncia della Cisl

Preoccupa il Gleno: 89 morti, cassa integrazione per i dipendenti e 10 infermieri vanno via

Un'emergenza nell'emergenza quella che si sta vivendo nelle Rsa. E lo conferma anche il sindaco portando l'esempio della Fondazione Carisma

Preoccupa il Gleno: 89 morti, cassa integrazione per i dipendenti e 10 infermieri vanno via
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È un’emergenza nell’emergenza la situazione all’interno delle Rsa lombarde, che assume ogni giorno dimensioni e contorni sempre più tragici e inquietanti. Dalle morti degli ospiti (in continua ascesa) anche in proporzione sul totale dei decessi, ai mancati rifornimenti di dispositivi di sicurezza. Oggi, a preoccupare, è la Fondazione Carisma, meglio conosciuta dai bergamaschi come il Gleno, che ha avviato una discussione sull’esubero del personale.

«Al 7 aprile i posti liberi erano 89 – evidenzia Giulio Pennacchia della Cisl Fp di Bergamo -. Tra le cause i ritardi di chi è preposto nelle scelte da adottare. E poi dispositivi di protezione individuale che non arrivano, che forse secondo alcuni non servono, che non vanno usati perché intimidiscono gli ospiti. Grazie alla tenacia sindacale, a ricerche e a donazioni si è riusciti ad ottenere quanto spettava in termini di protezione».

«I posti letto in meno determinano un minore introito economico e un relativo surplus di personale. Si comincia da educatori, animatori e fisioterapisti che se non riconvertiti dovranno essere collocati in cassa integrazione – prosegue Pennacchia -. A ciò si aggiunge la carenza degli infermieri che, economicamente maltrattati, migrano verso lidi più economicamente degni della loro professionalità». Solo negli ultimi giorni sono state spedite lettere a 25 tra fisioterapisti, educatori e animatori chiedendo di dare la disponibilità a mansioni «diverse e accessorie», in caso contrario si apriranno le porte della cassa integrazione. Nel frattempo, una decina di infermieri ha preferito aderire al bando del Papa Giovanni per un posto a tempo determinato ma meglio pagato, impoverendo ulteriormente la professionalità della struttura.

«Spaventa la naturalezza con cui si danno i numeri sull’emergenza Coronavirus – conclude il sindacato -. A marzo si contano 600 ospiti deceduti nelle case di riposo bergamasche. Cifra che aumenta se consideriamo anche i mesi precedenti e l’inizio di aprile. Uomini e donne morti nella confusione clinica imputata per comodo alla loro età e ai malanni relativi! Nessun tampone eseguito per ordine della politica. Per timore dei risultati. Cosicché da questa incertezza imposta è nata l’epidemia che ha contagiato ospiti e personale».

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