Qualità dell'aria: anche in Bergamasca si sono sentiti poco gli effetti del lockdown
Il bilancio delle rilevazioni di Arpa su scala regionale è stato illustrato a Milano. Confermato il miglioramento su base pluriennale, non su base annuale, soprattutto su alcuni inquinanti (tipo il Pm10)
Chi si aspettava che i lunghi periodi di lockdown migliorassero sensibilmente la qualità dell’aria lombarda è rimasto certamente deluso. I dati raccolti da Arpa, presentati questa mattina (martedì 12 gennaio) a Milano con l’assessore regionale all’Ambiente e clima Raffaele Cattaneo, mostrano infatti nel 2020 effetti molto diversi a seconda degli inquinanti considerati, soprattutto quelli connessi alle emissioni prodotte da traffico veicolare e, in misura minore, dalle attività industriali.
L'andamento delle polveri sottili nel bacino padano è infatti influenzato in modo significativo dalla presenza della componente secondaria e, in parte, dall'aumento della combustione della legna negli impianti domestici. Inoltre, la scarsità di precipitazioni, registrata in particolare nei primi due mesi e a novembre, ha creato una situazione meteoclimatica sfavorevole alla dispersione degli inquinanti.
«I dati – ha commentato il presidente di Arpa Lombardia, Stefano Cecchin – sono il risultato dell'analisi delle 85 stazioni del programma regionale di valutazione attive nel 2020 per il monitoraggio della qualità dell'aria. A queste, da quest'anno, si aggiungono le due stazioni posizionate a Brescia. Il 2021, quindi, si apre con una rete ancora più potenziata che può contare su ben 87 stazioni fisse. Inoltre, nella stazione di Erba abbiamo installato un analizzatore in più che misura anche il Pm2.5».
Per quanto riguarda nello specifico la concentrazione di Pm10, in provincia di Bergamo è stata superata la soglia della media giornaliera (50 µg/m3) per ben 46 volte. Un dato in netto aumento rispetto a quello segnato nel 2019, quando nella Bergamasca il numero di giorni di superamento era risultato complessivamente pari a 29 giorni, e superiore anche ai 42 giorni del 2018. Rispetto al 2017, invece, la discesa è stata sensibile (furono 70, allora, i giorni oltre il limite) e ancora più marcata se si torna indietro addirittura di quindici anni, nel 2005, quando si sforarono i livelli fissati in ben 111 giorni. Nel 2020, sono soltanto tre i capoluoghi di provincia in cui è stato rispettato il limite previsto dalla normativa italiana ed europea di non andare oltre la soglia fissata per più di 35 giorni: Varese (25), Lecco (7) e Sondrio (7).
Analogamente, anche per il Pm2.5 conferma un andamento in progressiva diminuzione nel corso degli anni, con dati in generale di poco superiori a quelli del 2019. Nel 2020 il valore limite annuale (pari a 25 µg/m3) è stato rispettato in tutte le stazioni di monitoraggio. In provincia di Bergamo le concentrazioni si sono attestate a 22 µg/m3. Anche il dato sul biossido di azoto (NO2), già in miglioramento su base pluriennale, mostra un'ulteriore diminuzione rispetto all'andamento osservato negli anni precedenti, con concentrazioni medie annue inferiori a quelle del 2019.
Un capitolo a parte riguarda l’ozono (O3). A differenza degli altri inquinanti considerati, questo non mostra infatti un andamento evidente. Complessivamente, nel 2020 appare una situazione migliore rispetto all’anno precedente per quel che riguarda il numero di superamenti delle soglie di informazione e di allarme. Tuttavia, si sono registrati diffusi superamenti sia del valore obiettivo per la protezione della salute, sia di quello per la protezione della vegetazione.
In particolare, nessuna delle province rispetta il valore obiettivo per la protezione della salute di non superare i 25 giorni con la massima media mobile calcolata su 8 ore superiore a 120 µg/m3. Negli ultimi dodici mesi, nella stazione peggiore della Bergamasca, si sono registrati 84 giorni di superamento dell'obiettivo per la protezione della salute.