139 miliardi di spese per il 2014

Quanto ci costa l'Europa e come spende i suoi soldi

Quanto ci costa l'Europa e come spende i suoi soldi
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Rendere funzionale ed efficiente la grande macchina dell’Unione Europea costa, e parecchio anche. Secondo il documento, reso pubblico dai palazzi di Bruxelles, riguardante il bilancio complessivo di tutte le attività dell’Ue, si possono notare molte cose: alcune poco interessanti, altre quantomeno curiose, e altre ancora decisamente assurde. Primo dato fondamentale: in totale, le spese della massima istituzione continentale, per quanto riguarda il 2014, ammonteranno a quasi 139 miliardi di euro.

Il dettaglio delle spese. Entrando nel particolare delle spese dell’Ue, il primo dato che balza subito all’occhio riguarda i soldi impiegati per l’amministrazione, ovvero una delle voci più ingenti: il totale dei soli costi del personale, interno ed esterno, è di poco più di 2 miliardi di euro; la burocrazia della Commissione Europea assorbe un altro miliardo, di cui 210 milioni coprono l’affitto dei palazzi e delle sedi delle varie attività (questo nella sola Bruxelles, senza considerare quindi le amministrazioni delocalizzate di Strasburgo e Lussemburgo); rimanendo nell’ambito degli immobili, 180 milioni di euro vengono utilizzati per coprire le polizze assicurative per tutto ciò che avviene all’interno degli edifici, i servizi di sorveglianza e manutenzione, e lo smaltimento dei rifiuti.

Altra voce particolarmente significativa riguarda le spese per il progetto “Erasmus per tutti”: un miliardo e mezzo di euro in totale, inseriti all’interno del più vasto computo (2 miliardi e mezzo) relativo all’istruzione e alla cultura. Nulla da eccepire riguardo ad un importante impegno economico teso a favorire la formazione e l’educazione dei giovani europei; ma se si mette a confronto questo dato con le spese relative alla sicurezza interna e alla politica estera, qualche dubbio sulla corretta allocazione delle risorse sorge.

Per quanto riguarda la prima, sono solo 742 i milioni di euro previsti per questo ambito, a cui si aggiungono 80 milioni per l’Europol (l’ufficio europeo di polizia) e altrettanti, e pochi, soldi per Frontex, il progetto che dovrebbe divenire operativo da novembre, in sussidio all’operazione italiana Mare Nostrum, relativo all’emergenza immigratoria dall’Africa; per quanto riguarda invece gli strumenti di politica estera, sono stati stanziati appena 723 milioni di euro: con la minaccia dell’Isis e la crisi dell’Ucraina, per citare solo i casi più noti, forse si poteva davvero destinare qualche euro in più.

Questi dati relativi alla sicurezza interna ed estera sono ancora più incomprensibili se paragonati, oltre che ai già citati fondi per gli Erasmus, a quanto è destinato agli affari marittimi e di pesca: 940 milioni di euro. Altre voci di una certa rilevanza soffrono di una particolare, e incomprensibile, indigenza: per la lotta alla criminalità organizzata transfrontaliera sono stati stanziati appena 150 milioni di euro, 200 milioni per la giustizia e, nonostante la minaccia dell’ebola, solo 53 milioni per la tutela della salute e la prevenzione sanitaria; complessivamente, queste ultimi tre e importanti ambiti ricevono meno della metà degli addetti alla pesca.

E gli Stati, Italia compresa, ci perdono. La quasi totalità di questi 139 miliardi di euro arriva, naturalmente, dagli Stati membri, i quali hanno il dovere, secondo i trattati istitutivi, di collaborare al funzionamento dell’Ue. Teoricamente, quanto versato da ogni singolo Paese dovrebbe essere poi compensato dai sussidi e dagli aiuti che l’Europa riserva loro secondo le varie necessità. Ma, in realtà, lo scambio è tutto fuorché equo: l’Italia, per esempio, negli ultimi sette anni, nonostante gli aiuti alle banche italiane giunti dall’Ue nei periodi peggiori della crisi, ha versato nella casse comunitarie 46 miliardi di euro in più rispetto a quanto ha ricevuto. Peggio che a noi è andata alla Germania (66 miliardi), alla Gran Bretagna (57 miliardi) e alla Francia (51 miliardi). Chi invece ci sta guadagnano è la Polonia, con un saldo attivo di 65 miliardi, seguita dalla Romania con 25 e dall’Ungheria con 24 miliardi di euro.

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