Pure "Science" si è espressa

Forse i soldi non rendono felici Eppure la statistica lo conferma

Forse i soldi non rendono felici Eppure la statistica lo conferma
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È la domanda che rimbalza nell’arco di tutta la storia più o meno da quando è stata inventata la moneta: ma il denaro, alla fine dei conti, può realmente dare la felicità? È una domanda a cui, dopo secoli e secoli, ancora nessuno è stato in grado di dare una risposta definitiva, e rispetto alla quale ancora oggi sono numerosissimi i centri di ricerca che vi si spendono, con studi e approfondimenti. Le ultime novità in tema arrivano da Oltremanica, dove l’Office for National Statistics (Ons) del Regno Unito ha fornito le ultime novità al riguardo. Una nuova voce in un gran pandemonio di opinioni e dati. Sarà quella giusta?

Lo studio dell’Office for National Statistics. L’Ons ha incrociato i dati su ricchezza familiare e benessere personale dei cittadini britannici, e sono giunti ad una conclusione piuttosto in controtendenza rispetto a quanto solitamente si legge: ebbene sì, più aumenta il conto in banca più la tendenza ad essere felici si fa più vigorosa, con un drastico calo dell’ansia. Il centro studi britannico, poi, si avventura in un’ulteriore precisazione: a favorire la tendenza alla felicità, fra i ricchi, non sarebbero le proprietà materiali come auto, case, barche e quant’altro viene solitamente associato ad una vita da nababbo, bensì il soldo in sé, il conto corrente straripante, la corposa quantità di banconote nel portafoglio. Per quanto possa sembrare piuttosto bieca come cosa, in realtà si tratta di una specificazione che racchiude un elemento psicologico non indifferente: ciò che favorisce la felicità non sarebbero gli agi e le meraviglie che una grande quantità di denaro permette di far propri, ma il fatto stesso di essere ricchi, la coscienza di avere a disposizione un mucchio di soldi. Un qualcosa che richiama, simpaticamente, la figura disneyana di Zio Paperone, che trovava il massimo della vita nella sue nuotate fra le monete, e non nello spendere il proprio patrimonio (è, infatti, un proverbiale taccagno).

 

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Cosa dice, inoltre, Science. Ad essersi confrontata con l’annoso tema del rapporto fra la felicità ed il denaro è stata anche la rivista Science, una dei più importanti e conosciuti magazine scientifici del mondo. Un suo recente studio conferma che, in effetti, c’è una certa proporzionalità fra quantità di soldi posseduti e felicità, ma con alcune specifiche precisazioni: per esempio, è molto importante utilizzare il proprio denaro non solo per sé stessi, ma anche per aiutare chi è in difficoltà. Questo permette di ottenere una gratificazione fondamentale nell’impervia strada che porta alla felicità. Stabilito tutto ciò, Science pone però alcune questioni sulle quali ancora occorre trovare risposta. Anzitutto, esiste un tetto oltre il quale la correlazione fra quantità di denaro e felicità viene meno? Ovvero: un ricchissimo è più felice di chi è semplicemente ricco? O basta semplicemente soddisfare i bisogni basilare e concedersi qualche sfizio, dopo di ché tutto quanto è in più non è necessario al raggiungimento della felicità? Domande a cui per ora non si riesce a dare risposta.

Qualche altro spunto. Allargando poi il focus agli altri Paesi, il quadro si complica ulteriormente. Secondo un altro studio recente, pubblicato da American Economic Review, la correlazione tra indici di agiatezza e soddisfazione regge, ma nelle classifiche come il World Happiness Report abbondano le stranezze. La Danimarca è spesso lodata per il suo stato sociale, ma basta questo per farne il Paese più giulivo del mondo? Assolutamente no, stando alle classifica sugli Stati più felici al mondo, dove la Danimarca è parecchio più indietro rispetto a Paesi infinitamente meno ricchi. Un altro elemento posto in rilievo riguarda la popolazione filippina: notoriamente non certo fra i più ricchi al mondo, risultano però come gente particolarmente soddisfatta e felice, cosa dovuta dal forte senso comunitario e da uno scopo di vita ben preciso (lavorare all’estero per aiutare la propria famiglia). Chi ha ragione, dunque, alla fine dei conti? La risposta, probabilmente, la può dare solo ciascuno per sé stesso, al netto degli studi più raffinati.

 

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