La sinistra e i suoi fantasmi

Quel voto Pd anti aborto a Verona è un avvertimento, non un incidente

Quel voto Pd anti aborto a Verona è un avvertimento, non un incidente
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«Molti nel Pd condividono la mia opinione. L'art. 2 dello statuto parla di libertà di coscienza». Così Carla Padovani, capogruppo del Partito Democratico nel Consiglio comunale di Verona, ha difeso la propria decisione di votare a favore della mozione anti aborto proposta dalla maggioranza leghista della Giunta. Il caso, da locale che era, ha preso naturalmente subito un peso nazionale. E tutti i vertici del partito, a cominciare dal segretario pro-tempore Maurizio Martina, si sono affrettati a ribadire quale sia la posizione del Pd rispetto alla 194. Insomma, la preoccupazione è stata quella di ricucire immediatamente con quel vasto mondo che ha fatto della legge 194 un punto che non può essere messo in discussione. In realtà, la vicenda veronese avrebbe dovuto suonare come un avvertimento di un cambiamento in atto nella società italiana. Un cambiamento che la sinistra si troverà presto a rincorrere affannosamente.

 

[Carla Padovani, capogruppo del Pd in Consiglio comunale a Verona]

 

Basta poco per rendersene conto. Innanzitutto la mano che nel Consiglio comunale veronese si è alzata per sostenere la mozione anti aborto era una mano di donna. Quindi difficile vedere quella presa di posizione come qualcosa di anti femminile. Inoltre, come la stessa Padovani ha sottolineato, quel voto fa emergere un sentiment molto più diffuso di quel che sembri all’interno della sinistra. «La vita va difesa universalmente, non sto a guardare di che “colore” siano le mozioni che lo fanno. So che nel Pd ci sono molte persone che condividono la mia opinione». In secondo luogo, dopo aver vissuto una stagione in cui l’attenzione per i diritti civili aveva preso uno spazio esorbitante, va ricordato il dato delle unioni civili dopo i primi due anni di applicazione di una legge il cui iter era stato al centro del dibattito mediatico per mesi: poco più di seimila coppie. Un numero che rivela come sui temi dei diritti civili ci sia un’attenzione molto spinta da parte delle élite sociali, ma che in fondo raccolgano poco interesse a livello di persone normali.

Sull’aborto inoltre la sinistra si trascina un nodo culturale irrisolto che risale ancora agli Anni '70. È il nodo proposto in modo straordinariamente lucido da Pier Paolo Pasolini con i suoi celebri articoli pubblicati sul Corriere della Sera. Pasolini, nel pieno del dibattito per l’approvazione della legge che introduceva l’aborto (la 194, appunto) aveva rotto il fronte della sinistra con una presa di posizione di grande nettezza e lucidità: «Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio», aveva scritto. E poi continuava: «Nell’ultimo decennio è intervenuta la civiltà dei consumi, cioè un nuovo potere falsamente tollerante che ha rilanciato in scala enorme la “coppia” privilegiandola di tutti i diritti del suo conformismo. A tale potere non interessa però una coppia creatrice di prole (proletaria), ma una coppia consumatrice (piccolo borghese): in pectore, esso ha già l’idea della legalizzazione dell’aborto (come aveva già l’idea della ratificazione del divorzio)».

 

 

La sinistra non aveva mai fatto i conti con la sincerità drammatica di questa presa di posizione da parte di Paolini. Ha inseguito la modernità di stampo radical borghese per tutti questi decenni. Ora, forse, i tempi sono scaduti e quella mano alzata da una donna nel Consiglio comunale di Verona è un avvertimento più che un incidente di percorso.

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