Un contratto da 1.2 miliardi di euro

La questione delle navi Mistral che Parigi non consegna alla Russia

La questione delle navi Mistral che Parigi non consegna alla Russia
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La Francia ha bloccato l’invio della prima nave da guerra Mistral alla Russia. Si tratta di un rinvio sine die, giustificato da Parigi per l’escalation della crisi in Ucraina ma che Mosca vede come un gesto di obbedienza alla Nato e all’Ue in seguito alle forti pressioni sull’Eliseo perché annullasse gli accordi già sottoscritti. Lo scorso maggio, infatti, il Congresso Usa aveva chiesto all’allora segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, di comprare le navi per conto della Nato e poche settimane fa la stessa Assemblea ha rinnovato la richiesta al nuovo segretario generale, Jens Stoltenberg. Sul fronte Ue le cose non sembrano andare meglio, in quanto al termine della riunione dei ministri della Difesa europei il vice primo ministro polacco ha fatto sapere di sperare «che la Francia prenderà una decisione, basandosi sugli interessi della sua presenza nell’Alleanza Atlantica».

 

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Le tappe della vicenda. Quella delle navi Mistral è una vicenda che risale al 2011, quando Oltralpe il presidente era Nicholas Sarkozy. Venne firmato un contratto per la costruzione, in Francia, di due navi da assalto anfibie, con la possibilità di costruirne altre due sotto licenza nei cantieri russi. Le navi di classe Mistral hanno la capacità di trasportare 16 elicotteri, 700 soldati e 50 veicoli blindati per le operazioni di sbarco. Un potenziale inutile secondo chi, tra i vertici russi, si era opposto all’accordo considerandolo un inutile spreco di denaro. Utilissimo invece per chi l’accordo lo ha voluto, dato che rappresenta un’opportunità imperdibile per migliorare l’efficienza della Marina Russa, ma soprattutto perché sarebbe un modo per manifestare la potenza del Paese al mondo. Sta di fatto che la costruzione delle navi da guerra è il più grande contratto per gli armamenti che Mosca abbia mai firmato con un Paese della Nato: 1,2 miliardi di euro. A tre anni di distanza la prima nave, la Vladivostok, è pronta e la sua consegna era prevista agli inizi di ottobre. Tanto che centinaia di militari russi che avrebbero dovuto far parte dell’equipaggio da giugno sono in Francia per seguire corsi di formazione volti all’utilizzo delle tecnologie della nave.

In teoria il training dovrebbe essere ancora in corso, ma si vocifera che ai militari sarebbe stato vietato l’ingresso a bordo. La cerimonia di consegna venne rimandata al 14 novembre, presso i cantieri francesi di Saint-Nazaire. Dalla Francia nessun segnale, nonostante gli inviti per la cerimonia fossero già partiti e mai revocati. Fonti militari-diplomatiche avevano fatto sapere ai media russi che la consegna sarebbe avvenuta il 27 novembre, e che sarebbe arrivata nel porto russo di Kronstadt il giorno dopo. Martedì 25 novembre la secca smentita da parte dello stesso presidente francese François Hollande, che ha rotto gli indugi e ha comunicato che «l'attuale situazione nell'est dell'Ucraina non permette ancora la consegna».

La reazione russa e la questione ucraina. Mosca, che aveva dato l’aut aut, dicendo che avrebbe rivendicato un ingente risarcimento qualora la nave non venisse consegnata, per il momento si è limitata a ribadire la sua linea e dal ministero della Difesa fanno sapere che si procederà per vie legali. In un primo momento il vice ministro della difesa aveva dichiarato all’agenzia russa Ria Novosti che non c’era fretta e che avrebbero atteso con pazienza. La questione della fornitura delle navi non rientrava nel pacchetto di sanzioni alla Russia, che formalmente non vietano il completamento di contratti già firmati. Tuttavia, dato che gli Stati Uniti si erano espressi abbastanza chiaramente in merito, dicendo che sarebbe stato inviato un messaggio sbagliato a Mosca, Hollande all’inizio di settembre ha deciso di legare la consegna alle sanzioni economiche. Inoltre ha deciso che la consegna della Vladivostok sarebbe stata vincolata al totale rispetto del cessate il fuoco in Ucraina stabilito dagli accordi di Minsk.

Il fronte interno francese e il finanziamento di Putin a Le Pen. Nel dibattito sulla fornitura delle navi e si è inserita, alcuni giorni fa, anche una delle più grandi federazioni sindacali francesi, "Forza Operaia", che conta 300 mila aderenti. Ha esortato Parigi a dare corso al contratto per la fornitura di due navi da guerra "Mistral" alla Russia. Nel cantieri sono impiegate 2.500 persone, dice il sindacato, e se il contratto non va compimento rischiano di perdere il posto di lavoro.

È chiaro che in questo clima, che ricorda la Guerra Fredda, il fronte interno francese è sempre più sgretolato e non sono poche le voci che dissentono dalle politiche di austerity imposte da Bruxelles e appoggiate da Hollande. Il che nel gradimento degli elettori ha determinato l’ascesa di Marine Le Pen e del suo Front National, vicino alle istanze più populiste e che nelle questioni di politica internazionale sta dalla parte di Putin. La corsa di Marine Le Pen alle presidenziali del 2017 ormai è sempre più sfrenata. Per finanziare la sua ascesa, fanno sapere dal Front National, servono tra i 30 e i 40 milioni di euro. Una cifra che le banche francesi non sono disposte a concedere dopo lo scandalo Sarkozy del 2012. Forte della comunanza di vedute con il Cremlino, una parte della cifra è arrivata a Le Pen dalla First Czech Russian Bank, l'istituto di proprietà di Roman Yakubovich Popov, banchiere vicino al premier Dimitri Medvedev e al presidente Vladimir Putin: sui conti del Front National avrebbe già versato una prima tranche di due milioni di euro sui nove totali ottenuti in prestito. Dopotutto, da tempo il Front National si è schierato con Putin contro Nato, finanza atlantica, Bce e Fmi, in nome della libertà dei popoli, e Marine Le Pen ha già annunciato che in caso di vittoria la Francia si staccherà da Bruxelles per allearsi con Mosca.

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