Basteranno 10 miliardi?

Reddito di cittadinanza, domande e qualche ipotesi sul funzionamento

Reddito di cittadinanza, domande e qualche ipotesi sul funzionamento
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La cifra è fissata: 780 euro. Ma chi li riceverà? E come li riceverà? Il reddito di cittadinanza inserito nel Def e punto centrale della prossima manovra di bilancio, presenta ancora molti margini incerti su cui si dovrà lavorare di fino, viste anche le perplessità della Lega. «Non daremo certo soldi ai fannulloni sul divano», ha detto Salvini, facendo capire di voler presidiare con attenzione il percorso del provvedimento.

 

 

Partiamo dal primo numero: potrebbero essere ben 6,5 milioni le persone che, in teoria, avrebbero diritto all’assegno. Ma lo stanziamento di dieci miliardi per il 2019, che diventeranno undici nei due anni successivi (cifra che va ad aggiungersi a quella prevista per il reddito di inclusione del governo Gentiloni, che verrà assorbito dal reddito di cittadinanza: circa 2,5 miliardi), non consentono certo di coprire una platea così grande. Infatti dieci miliardi diviso 6,5 milioni, fanno poco più di 1.500 euro l’anno, cioè 128 al mese. Una scrematura quindi pare obbligata. Il sussidio spetta al singolo componente del nucleo familiare: sale ad esempio a 1.630 euro in una famiglia con genitori disoccupati e due figli. La data prevista per l'entrata in vigore è aprile 2019, mentre l’adeguamento delle pensioni minime, sempre a 780 euro, scatterà già a gennaio. Quello che è sicuro, è che Salvini vuole circoscrivere attentamente la platea, ad esempio usando un doppio criterio, cioè sia il reddito che il patrimonio. I Cinque Stelle, invece, vorrebbero escludere dal calcolo l’eventuale casa di proprietà. Dovrebbe far testo l’indice Isee e comunque, se la persona già dispone di un reddito minore di 780 euro, il reddito di cittadinanza avrà una funzione di copertura per raggiungere quella cifra.

C’è poi il capitolo delle condizioni: l’assegno viene infatti pagato a condizione che il destinatario segua un percorso di riavvicinamento al mondo del lavoro attraverso formazione e valutazione seria delle proposte che vengono fatte (al terzo rifiuto immotivato l’assegno viene tolto). La riforma prevede infatti due miliardi per il rilancio dei centri per l’impiego, che avranno la funzione di presidiare l’incrocio tra domande e offerte di lavoro. Inoltre la persona dovrà prestare otto ore di lavoro a settimana nel proprio Comune di residenza.

 

 

C’è poi l’altro capitolo spinoso: come verrà pagato l’assegno e che garanzia si potrà avere rispetto al fatto che venga speso per generi di necessità? Qui la soluzione è affidata all’elettronica, con tutte le difficoltà che comporta visto che la platea è una platea spesso senza conto in banca e a volte con scarsa propensione alle transazioni digitali. Si potrebbe ricorrere ad un’app con borsellino elettronico, che verrà messo in rete con tutte le istituzioni coinvolte, dall’Inps ai centri per l’impiego e ai Comuni. Il ministro Di Maio avrebbe chiesto, secondo quanto ricostruito dal Corriere della Sera, a Diego Piacentini, Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale nominato da Renzi, di restare nonostante il suo mandato sia scaduto per avviare questa delicata fase di digitalizzazione. La soluzione più semplice è quella di legare l’assegno al chip contenuto nella tessera sanitaria. L’importante, in qualunque caso, è che gli acquisti fatti con l’assegno possano essere tracciati, sviluppando quindi una piattaforma ad hoc dedicata i beneficiari. Perché la sfida è verificare che chi entra in un negozio di elettronica comperi uno scalda biberon e non una tv al plasma...

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