Il referendum catalano si terrà? In teoria è l'1 ottobre, ma forse no

Il “clasico” quest’anno rischia di essere una vera battaglia. Il “clasico”, nel gergo calcistico, è il derby spagnolo tra Real Madrid e Barcellona, tra la squadra della capitale spagnola e quella della città economicamente e culturalmente più vivace del Paese. Sarà una battaglia perché il Barcellona si è schierato in prima linea nella battaglia per l’indipendenza della Catalogna e per il referendum previsto per domenica 1 ottobre. Previsto, perché sino all’ultimo non si sa cosa potrebbe accadere. Per Madrid infatti la consultazione è illegale e anticostituzionale, tanto che sono stati schierati diecimila soldati per evitare che i seggi vengano aperti. Questo perché la Costituzione spagnola concede alle singole Comunità autonome un ampio margine decisionale su materie come istruzione e sanità ma ne limita la libertà su altre di competenza esclusivamente del governo centrale e non prevede la possibilità di indire un referendum secessionista. Di qui l’alzata di scudi del premier Mariano Rajoy, che ha parlato addirittura di «golpe contro la democrazia». Dall’altra parte ci sono le autorità catalane che assicurano che i seggi saranno 2.315 e, affinché possano votare in totale 5,3 milioni di catalani, è stato previsto un dispositivo organizzativo di 7.235 persone.
La partita è di quelle serie. La magistratura spagnola è scesa in campo dalla parte di Madrid e le azioni di disturbo per rendere impossibile la consultazione hanno portato addirittura al blocco dell’app "On Votar 1-Oct", app che si trova su Google Play e che indica dove poter andare a votare. Gli indipendentisti hanno risposto iniziando un’occupazione delle sedi dei seggi, forzando cancelli di scuole ed edifici pubblici. E ieri hanno fatto capire di voler presidiare le sedi da possibili forzature della polizia schierando i trattori portati in città dai contadini. È una battaglia un po’ senza regole, perché non ci sono precedenti e quindi ciascuno dei due contendenti vuole imporre le sue: ad esempio, l'agenzia statale per la Protezione dei dati ha minacciato di multe gli scrutatori (sino a seicentomila euro…); i catalani rispondono che l’agenzia non ha competenza sulla regione. Se la Guardia Civil è controllata da Madrid, invece i “bomberos”, ovvero i vigili del fuoco, si sono apertamente schierati per il referendum. Divisi invece i Mossos, le forze di sicurezza che sono state in prima linea in occasione dell’attentato sulle Ramblas.
Non è la prima volta che Barcellona cerca di fare la conta della volontà popolare in Catalogna. Nel novembre 2014 era stata organizzata una consultazione elettorale non ufficiale sull'indipendenza, dopo che anche allora il Tribunale costituzionale spagnolo ha posto il veto su un referendum vero e proprio. L'ottanta per cento degli elettori aveva votato a favore dell'indipendenza, ma allora si erano recati alle urne solo in poco più di due milioni su 5,4 milioni di aventi diritto. Questa volta il referendum è stato voluto e approvato il 6 settembre scorso dal Parlamento catalano presieduto da Carles Puigdemont, ma non fu un voto compatto perché le opposizioni, per protesta, decisero di uscire dall’aula. Qualche giorno dopo, la Guardia Civil spagnola aveva arrestato 14 alti funzionari del governo catalano impegnati nell'organizzazione del referendum e sequestrato quasi dieci milioni di schede elettorali. Da allora, però, c’è stato certamente tempo di ristamparle. Ma solo domani ne sapremo qualcosa, per capire chi vince questo derby dal sapore risorgimentale…