Confronto con Regione per la ripartenza, i sindacati: «Nessuna proposta concreta, solo slogan»
La Lombardia ha convocato la prima cabina di regia per pensare alla "fase 2". L'incontro con le sigle sindacali, però, non stato certo positivo...

Distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi: sono le famose “quattro D” individuate da Regione Lombardia lo scorso 15 aprile come cardini su cui fondare la programmazione della ripartenza, prevista dal prossimo 4 maggio (ammesso e non concesso che i dati epidemiologici non peggiorino).
Una formula che oggi (venerdì 16 aprile), al termine della cabina di regia che Regione ha convocato con le parti sociali e i capigruppo del Consiglio regionale, è stata definita dai sindacati come uno «slogan. Non abbiamo ascoltato una sola proposta che si possa onestamente definire concreta».
Attraverso un comunicato unitario la Cgil, la Cisl e la Uil della Lombardia hanno sottolineato come non abbiano ascoltato alcuno spunto su «come si vuole garantire quotidianamente a tutti i lavoratori gli indispensabili dispositivi di protezione (mascherine e guanti) per potersi muovere e lavorare. Nulla su come si intenda assicurare a tutti di poter viaggiare su treni, metropolitana, o autobus mantenendo rigorosamente almeno un metro di distanza dagli altri viaggiatori. Nessuna proposta di un elenco dettagliato di attività e mansioni che devono essere svolte a domicilio attraverso il lavoro agile, con il conseguente obbligo alle aziende di osservarlo».
Altro tema discusso e verso il quale le sigle sindacali sono critiche rimane la strategia adottata fino ad oggi da Regione Lombardia riguardo i tamponi effettuati, ritenuti fondamentali dagli scienziati per evitare una fiammata di ritorno dei contagi, ma che nella stragrande maggioranza dei casi non sono stati fatti. Durante la cabina di regia, come si legge nella nota sindacale, non sarebbe stata esposta alcuna «idea su come organizzare i servizi che assicurino ai lombardi che dovranno tornare a quelle che il presidente Fontana ha definito le “attività ordinarie” almeno un tampone settimanale per verificare la presenza di contagio e il test sierologico per certificare la presenza di anticorpi. Vorremmo ricordare che i luoghi di lavoro sono anche gli ospedali e le Rsa: difendere le condizioni di tutti coloro che vi lavorano o sono curati e assistiti è una priorità che continua, affiancata dalla necessaria ricostituzione del ruolo della sanità territoriale del tutto assente per scelta organizzativa e politica della Regione».
Infine, Cgil, Cisl e Uil Lombardia hanno ribadito che «date e modalità con cui si dovrà attuare la “fase 2” si decidono solo a livello nazionale, con un confronto preventivo con le parti sociali. Riteniamo indispensabile una corretta e diffusa applicazione del protocollo sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sottoscritto il 14 marzo, a partire dalla costituzione dei comitati oggi insediati in meno del 30 per cento delle imprese. Se in Lombardia ci si vuole preparare al meglio, serve che le annunciate misure diventino concrete opportunità garantite a tutti. Se non viene garantita la sicurezza, la ripartenza della mobilità e delle attività produttive non essenziali (in assenza di vaccino) ha come unica conseguenza un’altra ripartenza: quella dell’epidemia, dei ricoveri e dei decessi. Abbiamo messo sin dall’inizio di questa tragedia la salute e la vita davanti a tutto. Non permetteremo che si possa correre questo rischio, per il rispetto che si deve alle migliaia di morti di queste settimane e all’immenso sacrificio di tutti i lavoratori e lavoratrici che hanno garantito e continuano a garantire le cure, l’assistenza e i servizi essenziali».