Ansia padrona

Riaprono le scuole e mamme sull'orlo di una crisi di nervi (con l'incubo delle chat di classe)

«Ma se ha poca febbre lo posso portare in aula?». «Vi sembra possibile proibire ciuccio e orsetto?». «Ci sarà il plexiglas sui banchi?»

Riaprono le scuole e mamme sull'orlo di una crisi di nervi (con l'incubo delle chat di classe)
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di Heidi Busetti

Mamme sull’orlo di una crisi di nervi. Non tutte ovviamente, ma qualcuna sparsa in giro per la città e la Provincia ce l’abbiamo eccome. Se pensavate dunque che trovare l’uomo giusto fosse il vero dilemma delle donne e che sarebbe stata la prova costume a rovinare la loro estate, be’, ora sapete che vi siete sbagliati. Perché a rovinare l’esistenza di alcune mamme creando dubbi che nemmeno Amleto avrebbe saputo dissipare ci ha pensato il Covid-19, con tutti gli annessi e i connessi. Soprattutto ora, che si avvicina la riapertura delle scuole.

Ricordate? A dare il primo allarme sulla situazione furono i social. Un mese fa, infatti, girava un post su Facebook che (con rigoroso copia e incolla) non autorizzava il personale della scuola a sfiorare il figlioletto. Recitava così: «Dal 24 settembre io non autorizzo nessun personale della scuola o chi che sia, a isolare o prelevare i miei figli se dovessero presentare qualche linea di febbre... Nessun personale sanitario può prelevare mio figlio da scuola in mia assenza, traumatizzandolo... Se tutto vero, non firmerò nessun foglio di autorizzazione che prevede questo tipo di trattamento. Fino alla maggiore età io genitore sono unico tutore dei miei figli». Un messaggio che è stato copiato e incollato migliaia di volte sulle bacheche di migliaia di mamme in tutta Italia, convinte che bastasse inserire una diffida su un social perché avesse valore legale. Ovviamente non è così. Ma, a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, con decine di domande a cui mancano risposte certe, come si può non capirle? E non sono solo i social a dare la dimensione del loro smarrimento.

Tutto lo sconforto, le preoccupazioni e le ansie della maternità sono ora convogliate in un unico punto nevralgico: le “chat delle mamme”, la bestia nera di presidi, pediatri e insegnanti. Credeteci. A qualche giorno dalla riapertura delle scuole hanno iniziato letteralmente a esplodere: tra una vibrazione e l’altra, si moltiplicano dati, informazioni e domande che vanno dal complotto alla disperazione più nera per motivi che nemmeno J. K. Rowling, insegnante dalla fervida fantasia e inventrice di Harry Potter, avrebbe mai immaginato.

Punto primo: riapriranno le scuole? Certo. Per quanto? Boh! «No, perché se devo pagare il nido per poi tenere a casa il bambino...». E ancora: «Quanti sintomi deve avere un bambino perché venga messo in quarantena?». Dipende, le rispondono: la scuola dice uno. Il pediatra dice due. Le amiche dicono due ma con riserva, perché dipende dall’intensità dei sintomi: un colpo di tosse non è come quattro, una linea di febbre non è da considerare malattia. E via con le ipotesi spacciate per certezze, e si tirano in ballo articoli di giornale con la stessa intensità con cui un predicatore cita i passi della Bibbia. «Ma quindi, con questa storia del coronavirus, il bambino non si può portare a scuola se ha la febbre?». Cara, certo che no. «Ma nemmeno se ne ha poca?». Eh, no. Il fatto incredibile è che questa regola “da coronavirus” in realtà c’è sempre stata ed è una delle basi della convivenza civile. E allora ecco che c’è chi parte con la «Tachipirina preventiva» per preservarsi da ogni male, incurante del fatto che la febbre, così, è solo sopita e nessun virus è invece battuto.

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