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Riforma della scuola, è fatta Ecco quali sono le ultime novità

Riforma della scuola, è fatta Ecco quali sono le ultime novità
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Martedì 23 giugno scorso i relatori Francesca Puglisi (Pd) e Franco Conte (Ap) hanno presentato alla commissione Istruzione del Senato un maxiemendamento che riscrive in parte la riforma scolastica voluta dal premier Renzi (qui trovate il testo completo). Così modificato, il disegno di legge è stato approvato oggi, 9 luglio, alla Camera, in via definitiva.

100mila assunzioni entro settembre 2015. Vengono confermate le 100mila assunzioni (100.701, per la precisione) previste a partire dal primo settembre 2015. A beneficiarne saranno i vincitori dell’ultimo concorso a posti, risalente al 2012, e gli inclusi nelle graduatorie ad esaurimento. La stabilizzazione dei precari avverrà, però, in due tempi: anche se giuridicamente saranno tutti in ruolo da settembre 2015, solo coloro che occupano le prime 52mila posizioni nelle graduatorie ad esaurimento potranno scegliere cattedre vacanti e posti disponibili su turn-over e potranno subito insegnare. Gli altri 48 mila saranno distribuiti alle regioni per il 90 percento in base al numero degli studenti e per il restante 10 percento in base alla dispersione scolastica e alla presenza di alunni stranieri, di aree interne, isolane e a bassa densità demografica. Questi ultimi, quindi, non potranno rimanere nella stessa provincia della graduatoria in cui sono inseriti: se il maxiemendamento verrà approvato e diventerà legge, dovranno scegliere un’altra provincia o un’altra regione italiana dove trasferirsi.

 

 

Concorsone entro il 31 dicembre per tutti gli altri. I precari abilitati con il Tfa o i percorsi speciali (Pas) sono per ora esclusi dal piano e straordinario e “rimandati” al concorsone da bandire entro il primo dicembre 2015 (e non più entro il primo ottobre). I posti sono in tutto 60mila: tra i titoli valutabili saranno valorizzati il titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito tramite procedure pubbliche o specifica laurea magistrale a ciclo unico e il servizio prestato a tempo determinato per un periodo continuativo non inferiore a 180 giorni (non si parla più di una riserva di posti). Dopo la riforma, il concorso sarà l’unico strumento per accedere al ruolo di insegnante.

Slitta al 2015/2016 la chiamata diretta. Rimane la chiamata diretta degli insegnanti dai nuovi albi territoriali da parte del preside, ma scatterà solo dall’anno 2016/2017. Anche i ruoli del personale docente si trasformeranno in ruoli regionali a partire dallo stesso anno, quando la mobilità non avverrà più tra le scuole (com'è stato finora) ma tra gli albi. Si potranno utilizzare docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati; ciò però non sarà possibile se nell’ambito territoriale ci sono insegnanti abilitati in quella materia che avranno, quindi, sempre la precedenza.

Membro esterno per valutare i prof. In ogni scuola verrà istituito un Comitato di valutazione che, insieme al preside, valuterà i neo ammessi in ruolo. A partire dall’anno accademico 2015/2016, inoltre, prenderà il via la valorizzazione del merito degli insegnanti: sulla base dei criteri individuati dal Comitato, il preside potrà distribuire dei premi ai docenti “migliori”. Tre le novità contenute nel maxiemendamento arriva un membro esterno a valutare gli insegnanti: il Comitato sarà infatti composto dal dirigente scolastico (che lo presiede), tre docenti (non più due), due genitori e uno studente a cui viene aggiunto un rappresentate esterno nominato dall’Ufficio scolastico regionale individuato tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.

 

 

Pagella triennale per presidi. Altra novità è che vengono inseriti dei criteri puntuali per la valutazione del dirigente, che dovrà avvenire ogni tre anni.I presidi saranno giudicati in base al miglioramento formativo e scolastico degli studenti, alla direzione unitaria della scuola, alle competenze gestionali e organizzative e alla valorizzazione dei meriti del personale dell’istituto. Per la loro valutazione, per il triennio 2016/2018, potranno essere affidati incarichi ispettivi a tecnici del ministero dell’Istruzione. Non è stata inserita nel testo l’ipotesi di cui si era parlato nei giorni scorsi, ovvero quella di un incarico a tempo per i dirigenti.

Un tetto per le erogazioni liberali. Restano le detrazioni fiscali per le famiglie che scelgono le scuole paritarie e la possibilità di donare finanziamenti liberali alle scuole sia statali che paritarie. Viene però introdotto, accogliendo le richieste di opposizioni e minoranza Pd, un tetto di 100mila euro per le erogazioni liberali alle scuole fatte da privati o associazioni e un fondo perequativo da destinare agli istituti che ricevono meno donazioni volontarie rispetto alla media nazionale.

Un compromesso difficile. Il premier Renzi ha ribadito che «se il progetto della buona scuola andrà avanti avremo 100mila assunzioni in più. Se non andrà in porto, ci sarà il regolare turn-over: non 100mila ma 20-25mila assunzioni». La reazione dell’opposizione, però, non si è fatta attendere: il capogruppo di Lega nord, Centinaio, ha già annunciato che al momento del voto sulla fiducia i senatori della lega lasceranno l’aula. La presidente dei senatori Sel, Loredana De Petris, ha commentato «se pensano che la questione terminerà e che tutto si placherà con il voto di fiducia, maggioranza e governo si sbagliano di grosso. Il mondo della scuola è molto più consapevole di quanto credano». Anche all’interno del Pd si registrano tensioni. La parlamentare Francesca Puglisi difende il testo sostenendo che il maxiemendamento «raccoglie quanto ascoltato durante le audizioni, tiene conto del dibattito svolto in commissione e raccoglie diverse richieste delle opposizioni». Corrado Mineo, dell’opposizione del Pd, invece, polemizza: «Non risolve nessuna delle questioni poste».

 

 

I precari sono pronti a ricorrere. Intanto l’Associazione sindacale professionale (Anief) fa sapere che sono 70mila i precari pronti a ricorrere in tribunale: «Se il testo dovesse rimanere immutato – afferma il sindacato in una nota – rimarranno fuori tutti gli insegnanti che hanno frequentato i corsi di abilitazione Pas o i Tfa, oltre a coloro che hanno conseguito il titolo all’esterno e in Scienze della formazione primaria dopo il 2011». «In questo modo – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief,– vengono tagliate fuori le nuove generazioni che hanno portato a casa un’abilitazione solo per accedere ad una selezione pubblica. E con loro, si escludono anche tutti i precari che hanno svolto più di 36 mesi di servizio su posto vacante, che si ritroveranno con un pugno di mosche in mano. Per costoro non rimarrà che fare un nuovo concorso, ripartendo daccapo come se le indicazioni dell’Unione europea e della curia di Lussemburgo sull’assorbimento del precariato non fossero mai esistite». Per i precari di seconda fascia, infatti, la Corte di giustizia europea aveva condannato l’Italia per abuso di precariato nella scuola.

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