a rischio oltre 13 mila lavoratori

Ristoratori e baristi "a terra" sul Sentierone: «Non siamo noi gli untori!»

Al flash mob, promosso da Ascom Bergamo e dalla Fipe, ha partecipato una cinquantina di lavoratori, seduti a terra in silenzio davanti a tovaglie con piatti, posate e cristallerie capovolte

Ristoratori e baristi "a terra" sul Sentierone: «Non siamo noi gli untori!»
Pubblicato:
Aggiornato:

Foto di Devid Rotasperti

Se non è un colpo di grazia, poco ci manca. È più o meno questo il pensiero della cinquantina di rappresentanti delle categorie della ristorazione e dei pubblici esercizi che si sono riuniti sul Sentierone questa mattina, mercoledì 28 ottobre, alle 11.30 per denunciare il proprio malessere legato alle limitazioni contenute nell’ultimo Dpcm. Titolari e dipendenti di ristoranti e bar, cuochi, pasticceri, gelatai, sommelier seduti, in rappresentanza di un comparto economico che le nuove chiusure hanno «messo a terra», si sono seduti incrociando le gambe, distanziati l’uno dall’altro di 1 metro. Per terra anche tovaglie, ciascuna con piatti, posate e cristallerie capovolte.

«Vogliamo segnalare in modo civile il danno enorme che stiamo subendo a causa del nuovo Dpcm – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, associazione di categoria promotrice del flash mob insieme a Fipe -. Desideriamo evidenziare il valore economico e sociale del settore, chiedendo alla politica un aiuto concreto per non morire. Bergamo ha sofferto tanto, non lo dimentichiamo, ed è stata la capitale della pandemia e del conseguente danno economico conseguente. Tuttavia, nel rispetto del lavoro di tutti i professionisti sanitari, non possiamo esimerci dal manifestare il nostro pensiero: i pubblici esercizi sono un settore essenziale, non qualcosa di voluttuario. La cucina poi è uno dei nostri vanti a livello nazionale».

bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (10)
Foto 1 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (1)
Foto 2 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (3)
Foto 3 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (8)
Foto 4 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (4)
Foto 5 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (7)
Foto 6 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (5)
Foto 7 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (6)
Foto 8 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (9)
Foto 9 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (11)
Foto 10 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (12)
Foto 11 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (14)
Foto 12 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (15)
Foto 13 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (16)
Foto 14 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (13)
Foto 15 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (17)
Foto 16 di 17
bergamo-protesta-ristoratori-foto-devid-rotasperti (18)
Foto 17 di 17

Nella Bergamasca la ristorazione e i pubblici esercizi contano oltre 5 mila imprese e danno lavoro circa 13.500 addetti. «I pubblici esercizi e la ristorazione quest’anno lasceranno a terra 27 miliardi di fatturato e 300 mila posti di lavoro, ossia 300 mila famiglie, rischiano di scomparire definitivamente – aggiunge Giorgio Beltrami, presidente provinciale Fipe e vicepresidente Ascom -. Troppo spesso veniamo trattati come numeri. Abbiamo pagato un prezzo troppo alto e il conto rischia di pagarlo tutto il Paese. Un Paese che si è drammaticamente dimenticato del valore del nostro lavoro e del ruolo fondamentale che ricopriamo nell’identità italiana. Ciò che non si valuta compiutamente è il valore immateriale che la cucina e l’ospitalità italiana continuano ad avere nel mondo».

Un flash mob pacifico e silenzioso , che è andato in scena anche in altre 23 piazze italiane tra cui i capoluoghi di regione Firenze, Milano, Roma, Verona, Trento, Torino, Bologna, Napoli, Cagliari e Catanzaro. Uniche voci nel silenzio l’appello «vogliamo lavorare» e una piccola contestazione al sindaco Giorgio Gori, reo di non aver partecipato al flash mob e di manifestare vicinanza agli esercenti «solo a parole sui social, ma non concretamente».

«Comprendiamo l’emergenza, ci siamo accollati costi onerosi e applicato responsabilmente i protocolli di sicurezza – prosegue presidente provinciale Fipe -, ma siamo stanchi di essere considerati dal Governo come “non essenziali” quando la situazione si complica e, soprattutto, additati come untori. Ci sono state addossate responsabilità che non ci competono, non siamo noi responsabili della curva dei contagi. Non ci sentiamo considerati come alleati dell’ordine pubblico e non vediamo mai riconosciuto il nostro valore sociale».

Intervenuto in merito agli indennizzi stanziati dal Governo «li accettiamo volentieri – commenta Beltrami - ma poche migliaia di euro non cambiano di una virgola la situazione finanziaria delle imprese. Questi contributi sono un atto dovuto. Non vogliamo elemosine, vogliamo che rispettino il nostro diritto al lavoro. L’unico aiuto decisivo che ci aspettiamo sta nel consentirci al più presto la riapertura dei nostri locali». A margine della manifestazione silenziosa è stato dedicato un minuto di silenzio in suffragio dei titolari di bar e ristoranti che nei mesi scorsi si sono tolti la vita a causa del lockdown.

Seguici sui nostri canali