Un relitto della I Guerra Mondiale

Il ritrovamento del Tripoli

Il ritrovamento del Tripoli
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Un tuffo in tempi remoti quando emergono alla superficie delle agenzie o delle pagine di carta o on line parole come “piroscafo”. Venti miglia al largo di Capo Fìgari, a circa mille metri di profondità, la Marina Militare ha individuato un relitto “compatibile”con quello del “Postale Tripoli” un piroscafo con quattrocento persone a bordo affondato nella notte tra il 17 e il 18 marzo del 1918 da un sommergibile tedesco. Era l’ultimo anno di guerra.

A consentire il ritrovamento è stato il Vieste, un cacciamine (un tempo: dragamine) della classe Lerici specializzato nel monitoraggio dei fondali marini. Per la sua specifica destinazione il Vieste ha a disposizione tecnologie molto avanzate, fra le quali il gioiello HUGIN 1000, un veicolo subacqueo autonomo che non sfigurerebbe in un film di James Bond. Le foto dello scafo presentano un’ottima definizione e solo la prudenza istituzionale d’obbligo ha spinto la Marina, che in questo caso agisce d’intesa col Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, a non cantare immediatamente vittoria. Sarebbe una coincidenza davvero fortunata se l’avvistamento si fosse verificato proprio martedì 4 novembre, dato che l’attività del Vieste si colloca nell’ambito del Progetto Commemorazione della Prima Guerra Mondiale.

“L’affondamento del «Tripoli»” è un articolo del Messaggero del 1988, conservato nell’archivio della Regione Sardegna. Il sommario dice: “Il 17 marzo 1918 il piroscafo diretto a Civitavecchia lascia il porto di Golfo Aranci con oltre 400 passeggeri a bordo quando viene attaccato da un sommergibile. I ritardi nei soccorsi”. Nel testo è detto che il siluro colpì lo scafo alle 22.30 circa, che il capitano della nave provocò il panico a bordo ordinando a tutti di mettersi in salvo sulle scialuppe senza alcuna disciplina, col risultato che molte di esse, oggetto di una contesa da palude infernale dantesca, finirono per rovesciarsi. Si aggiunga che il marconista che lanciò piùvolte l’SOS non ebbe risposta nemmeno dall’incrociatore Mafalda, che avendo scortato il Tripoli per qualche tempo si trovava ancora a breve distanza. Eppure il segnale era stato ascoltato perfino nel porto di Tolone, in Francia. Il Mafalda sarebbe arrivato solo un’ora e mezza dopo l’incidente. Dalla costa non arrivò nessuno: un rimorchiatore giunto anche lui in ritardo tornò nel porto di Golfo Aranci avendo imbarcato alcuni superstiti, ma senza aver compiuto ulteriori ricognizioni. Il sottomarino tedesco, che avrebbe avuto l’obbligo di prestare soccorso, trattandosi di un mercantile, preferì dileguarsi. Morirono così 300 persone, fra cui molti militari della Brigata Sassari.

Capo Figari è uno dei posti più belli del mondo. Il suo mare, quelli che ne hanno navigati tanti dicono che pochi altri possono stargli a pari. Il porto di Golfo Aranci, chi lo ha visto prima che ci arrivasse l’Aga Khan, lo ricorda come un sogno. Quella notte di quasi cento anni fa rappresentava, senza saperlo, il dramma dell’Italia. Così bella, così cialtrona.

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