Romani non si presenta all’interrogatorio. Il fondatore della Maxwork: «Mazzetta? No, prestito»
I legali del politico: «L’accusa non ha detto quale sia l’atto contrario ai doveri d’ufficio»
Il senatore Paolo Romani non si è presentato all’interrogatorio, previsto nella giornata di ieri (lunedì 4 aprile) in Procura a Bergamo, nel contesto dell’inchiesta in cui è indagato per corruzione. Secondo il pm Paolo Mandurino, il politico di Coraggio Italia avrebbe intascato una tangente da 12 mila euro dalla società di lavoro interinale Maxwork, fallita nel 2015, in cambio di un non meglio precisato «atto contrario ai suoi doveri d’ufficio». Accusa che i suoi legali, Gianmarco Brenelli e Daniele Giovanni Benedini, contestano proprio perché i magistrati finora non avrebbero reso noto cosa avrebbe fatto il loro assistito in cambio di quei soldi.
Il fatto sarebbe avvenuto il 30 gennaio 2015, quando Massimiliano Cavaliere, fondatore dell’azienda, avrebbe consegnato un plico contenente la mazzetta a Sandro Antonio Maullu, fratello del coordinatore di Fratelli d’Italia a Milano Stefano. Questi ultimi avrebbero fatto da corrieri nella consegna del denaro, che secondo i pm dalle intercettazioni risulterebbe destinato a Romani.
Cavaliere, nel corso dell’interrogatorio in cui è stato assistito dall’avvocato Paolo Casetta, ha confermato di aver dato quei soldi a Maullu per il senatore, ma ha negato che fossero destinati a corromperlo, affermando invece che fossero un prestito e che gli furono restituiti pochi giorni dopo. Ha affermato di aver conosciuto Romani nel 2014, dopo che gli fu presentato da Giovanni Cottone, ex marito di Valeria Marini, che aveva cominciato in quel periodo a lavorare per l’agenzia. L’imprenditore ha dichiarato che l’amicizia con il politico non sarebbe andata oltre qualche cena con le rispettive mogli, sebbene non potesse che fargli piacere la vicinanza ad una figura prestigiosa.
«L’imputazione così come è stata inviata al senatore Romani, secondo l’opinione dello stesso senatore e nostra, non consente l’interrogatorio, perché è assolutamente incompleta – è stata la dichiarazione dei legali del senatore Romani, riportata dal Corriere della Sera Bergamo -. Manca la parte essenziale, qual è l’atto contrario ai doveri d’ufficio che Romani, secondo l’accusa in cambio di denari, avrebbe compiuto. Abbiamo evitato di trovarci in una situazione in cui, una volta arrivati lì, avremmo dovuto chiedere: di cosa parliamo? Il pm ha detto che l’avrebbe detto dopo, dimostrando che l’imputazione non era né chiara né precisa».