l'allarme

Rsa, la fuga degli infermieri verso gli ospedali

Il caso Carisma: su cento se ne sono andati già in cinquanta. Il problema riguarda soprattutto il trattamento economico.

Rsa, la fuga degli infermieri verso gli ospedali
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Di fatto è una questione economica. Gli infermieri preferiscono andare a lavorare in strutture che garantiscono stipendi e condizioni migliori. Così succede che dalle Rsa si sta verificando il fenomeno della fuga degli infermieri verso gli ospedali. Di questo passo le Rsa non riusciranno a garantire tutti i servizi e i turni, per chi vi rimane, diventano massacranti. Oltretutto da quando è arrivata la pandemia, le Rsa hanno subito una crisi economica importante e non riescono oggigiorno ad essere competitivi sul mercato del lavoro non riuscendo ad offrire le medesime condizioni che offrono, invece, gli ospedali.
L’allarme è stato sollevato da Roberto Rossi e Giuliana Rota della Fp Cgil di Bergamo dove fanno notare che alla Fondazione Carisma di via Gleno, su cento infermieri se ne sono andati già in cinquanta. «Il fenomeno della fuga di infermieri dalle RSA verso ospedali pubblici e convenzionati - dicono i sindacalisti - ha registrato una brusca e pericolosa accelerazione con l’acuirsi dell’emergenza sanitaria: così nelle strutture socio-assistenziali (RSA) del territorio di Bergamo si registra una difficoltà crescente a garantire i livelli minimi di assistenza, oltre che la copertura dei turni di lavoro, costringendo questi professionisti a un carico insostenibile».


Il sindacato, attraverso un confronto costante con le strutture, sta cercando di mettere in campo strategie per far fronte a questa crescente difficoltà: «Neppure gli incentivi economici stanziati dalle case di riposo per trattenere il personale infermieristico sembrano bastare per contenere questo fenomeno. Qualche RSA non risulta neppure in grado di poter mettere sul piatto risorse adeguate aggiuntive perché i posti letti vuoti da marzo ad oggi hanno avuto un grave impatto economico». Il decreto legge 34/2020, varato per far fronte alla situazione pandemica, dava alle aziende del Servizio sanitario nazionale la possibilità di reclutare personale tramite incarichi di lavoro autonomo per l'anno 2020 e a tempo indeterminato per il 2021. «L'obiettivo, condivisibile, è quello di strutturare su tutto il territorio nazionale la figura dell'infermiere di famiglia e di comunità, figura finora relegata a progetti sperimentali ma che ora si concretizza, aumentando in modo significativo il fabbisogno di infermieri - concludono Rossi e Rota -. Il problema è che restano completamente sguarnite le case di riposo e, tra l’altro, negli ospedali il problema della carenza non è risolto».

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