Per sapere se stiamo dimagrendo d'ora in poi basterà il respiro
Novità all’orizzonte per gli sportivi controvoglia, quelli cioè che si costringono a fare movimento e attività fisica condizionati dal desiderio di dimagrire, piuttosto che per la sana convinzione che lo sport sia un vero toccasana per la salute. E sono proprio loro ad avere il terribile presentimento che tutta la fatica si riveli poi non così efficace per bruciare grassi e calorie. Ebbene, per tutti coloro la prova del nove potrebbe essere presto fornita da un test in grado di misurare nel respiro (più precisamente, nell'aria espirata) sostanze riferite al metabolismo, dei grassi consumati dallo sport in particolare.
Un chip per "pesare il respiro". La micro-innovazione sportiva è nascosta dentro un chip, inventato da alcuni ricercatori del Dipartimento di Meccanica e Ingegneria dei processi dell’Eth di Zurigo, in Svizzera, della grandezza di un centesimo di euro, capace di misurare la presenza di specifici gas grassi nel respiro. Sia dopo che l’organismo è stato sottoposto a sforzi fisici, come l’attività sportiva moderata o intensa, sia a riposo. Le sensibili potenzialità di questo strumento lo rendono in grado di differenziare, tra centinaia di milioni di molecole presenti nell’aria ispirata, quelle riferite al metabolismo. Infatti quando si bruciano i grassi, spiegano i ricercatori, l’organismo rilascia delle sostanze che entrano dapprima in circolo nel sangue e poi, passando negli alveoli polmonari, vengono eliminate attraverso il respiro. Tra i metaboliti più volatili e più significativi per accertare se e quanti grassi si sono smaltiti c’è l’acetone, una sostanza a base lipidica che è presente anche nel respiro dei diabetici di tipo 1, per i quali il sensore era stato inizialmente pensato. Ma, a quanto pare, efficacemente applicabile anche sugli atleti per misurare i risultati dimagranti associati allo sforzo fisico dopo l’attività sportiva.
Come funziona il sensore. Ma il chip funziona? Sembrerebbe di sì, con dimostrazione scientifica testata sul campo. I ricercatori hanno sottoposto un gruppo di volontari a una pedalata in cyclette della durata di circa un’ora e mezza, invitandolo poi a soffiare dentro un tubo collegato al sensore. Il quale non solo ha misurato i livelli di acetone presenti nel respiro di ogni atleta, ma ha anche permesso di testare che la sostanza si forma in concentrazioni e tempistiche differenti da individuo a individuo. Vale a dire che la comparsa di acetone nel respiro, scientificamente detta lipolisi, avveniva in alcuni atleti dopo un allenamento piuttosto lungo mentre in altri richiedeva un tempo di formazione relativamente più breve, smentendo così la convinzione che per bruciare grassi ci si debba mantenere indiscutibilmente in attività per un lungo periodo.
E per non cadere nel rischio di diffondere una fake news, i ricercatori hanno effettuato un'ulteriore prova che li ha portati a misurare l’acido indrossibutirrico, cioè il medesimo biomarcatore brucia-grassi, riferito all’acetone, presente però nel sangue. Dal confronto fra acetone volatile e ematico la risposta è stata univoca, ovvero i due valori rilevati erano sovrapponibili. Dunque in buona sostanza, il sensore sembrerebbe un misuratore efficace e efficiente dei grassi consumati dallo sport.
Cosa succederà adesso. In funzione dei soddisfacenti risultati iniziali, l’esperimento non finisce qui; i ricercatori hanno in mente di progettare un nuovo chip che possa essere impiegato per la rilevazione e misurazione di molecole indicatrici dello stato di salute di altri organi. Come ad esempio l’ammoniaca, che attesta la buona funzionalità dei reni, l’isoprene, che monitora i livelli di colesterolo, o le aldeidi, per una diagnosi precoce del cancro ai polmoni. Confidiamo nella ricerca e nell’innovativo lavoro dei suoi protagonisti.