Gori: «Venga a vedere la realtà»

Saviano e la fastidiosa ramanzina a Bergamo «complice e omertosa»

Saviano e la fastidiosa ramanzina a Bergamo «complice e omertosa»
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Roberto Saviano c’è andato giù pesante. Non è certo la prima volta che il giornalista e scrittore conquista le prime pagine per le sue dichiarazioni o i suoi articoli taglienti, ma se solitamente i suoi “obiettivi” sono criminali, politici o terre che lui conosce bene per esserci nato e cresciuto, questa volta ha puntato dritto dritto sulla città di Bergamo. «Bergamo fa finta di niente, ma c’è una notizia importante che la riguarda da vicino»: è così che inizia il suo lungo e dettagliato articolo pubblicato su La Repubblica l’11 agosto, ovvero il giorno seguente alla notizia dell’estradizione dalle prigioni spagnole a quelle italiane (anzi, a quella bergamasca) di Pasquale Claudio Locatelli, 61enne nato ad Almenno San Bartolomeo e «principale broker di cocaina d’Europa», come lo definisce Saviano stesso. Lo scrittore partenopeo dipinge a parole la figura di questo criminale che, tra gli anni ’80 e ’90, ha avuto in mano l’intero traffico di cocaina europeo. E, parallelamente, Saviano ritrae la città di Bergamo come «terra d'omertà e di complicità».

 

Saviano_Ansa

 

In realtà, chi ha letto i media locali negli ultimi giorni, sa bene che la notizia non è affatto passata sotto silenzio a Bergamo e, anzi, all’estradizione di Locatelli sono state dedicati spazi importanti nelle pagine della cronaca bergamasca. Ma Saviano, nel suo articolo, va oltre al presunto silenzio che avrebbe accompagnato la notizia dell’estradizione del potente criminale, scrivendo che «la città (Bergamo, ndr) sembra volerlo rimuovere, ma se dovesse pentirsi potrebbe raccontare una delle storie più complesse e intricate che lega la ricchezza imprenditoriale di quel territorio al narcotraffico, una storia sconosciuta e cruciale, una storia di un Nord segreto e, purtroppo, ignorato».

Davanti a queste parole, inutile negarlo, sono diversi i bergamaschi che hanno quantomeno storto il naso. E lo stesso ha fatto il primo cittadino Giorgio Gori, come riporta Bergamonews: il sindaco, con gentile fermezza, ha infatti deciso di ribattere alle dichiarazioni di Saviano. «Saviano - commenta Gori - ha il merito di portare alla luce la storia di Pasquale Locatelli ma formula un’accusa del tutto ingiustificata (e per questo inaccettabile) nei confronti di Bergamo, che definisce “terra d'omertà e di complicità”. Non sono certo tra quelli che negano infiltrazioni di mafia e di malaffare nel nostro territorio: purtroppo ci sono ed è importante denunciarlo. Ma l’aver dato i natali a un bandito non è una ragione sufficiente per tacciare di “omertà” un intero territorio. Ho invitato Saviano a venire a Bergamo – conclude –: se accetterà scoprirà quanta gente si batte per la legalità, per la trasparenza, o che anche solo pratica la buona e corretta amministrazione della cosa pubblica. Questo non vuol dire negare che ci siano anche persone dedite al crimine, ma impedisce una generalizzazione che rischia di suonare come un insulto decisamente gratuito».

 

zerozerozero

 

Il problema, infatti, sta proprio in quest’ultimo passaggio della risposta del sindaco Gori: le parole usate da Saviano nel suo articolo, più che una lode all’attività degli inquirenti, relegata in una parentesi a inizio pezzo in cui spiega che l’estradizione di Locatelli è arrivata «anche grazie al lavoro del pm Maria Cristina Rota che non ha mai mollato e ha ottenuto un risultato per molti insperato», suonano come un dito puntato contro Bergamo. Una fastidiosa ramanzina, che a tratti si tramuta in un’accusa, come quando scrive: «(Locatelli, ndr) è bergamasco, e questo gli ha giovato molto per mantenere il silenzio sui suoi affari». Saviano non si preoccupa di affibbiare a Bergamo l’aggettivo “omertosa”, una generalizzazione tanto fastidiosa quanto senza senso, visto che è lui stesso a ricordare, nell’articolo su Repubblica come nel suo libro ZeroZeroZero, come Locatelli non abbia più legami con Bergamo da anni: da quando s’è buttato sul lucroso mercato della cocaina, il broker della droga ha salutato le Orobie per dedicarsi a mercati ben più remunerativi, quali quelli della Costa Azzurra, dove si trasferì negli anni ’80.

Visto che Locatelli, da Bergamo, manca oramai da oltre 30 anni, perché nella nostra città ne avrebbe dovuto parlare qualcuno? Le indagini partite dall’arresto avvenuto in Spagna di Locatelli e riguardanti i suoi presunti traffici e giri di denaro a Bergamo sono finite tutte in un nulla di fatto e dunque, piaccia o meno, non c’era proprio nulla di cui parlare. Se non, forse, del famoso party del 19 settembre 2010, a Ghiaie di Bonate, organizzato dalla ditta Lopav di Patrizio Locatelli, uno dei figli di Pasquale, e che Saviano ricorda nel suo articolo. A quella festa aziendale, sottolinea lo scrittore partenopeo in modo sibillino, presero parte anche «l'arcivescovo (che verrà per altre vicende coinvolto in un indagine sul ricoclaggio Ior) poi ben tre magistrati (Angelo Tibaldi, Carmen Pugliese e Mario Conte, ndr), un ispettore di polizia in servizio in Procura, il direttore del carcere di Bergamo e un sottoufficiale della Guardia di Finanza». Ma al "party" parteciparono anche altre 243 persone, tra dipendenti dell’azienda, familiari di questi e clienti o fornitori come Fulvio Gambirasio, padre di Yara e conoscente di Patrizio Locatelli. Niente di così strano insomma, senonché per Saviano quella festa non rappresenti altro che un esempio del potere dei Locatelli a Bergamo: «Si capisce ovviamente perché i Locatelli abbiano cercato di scongiurare l'estradizione del padre. Se parlasse cadrebbe un impero». Un impero in cui rientrerebbe anche, appunto, la Lopav di Patrizio Locatelli, impresa però fallita nell’ottobre del 2013 e che, appena sei mesi prima, era stata passata ai raggi x dalla Guardia di Finanza e sottoposta a perizia, senza che fossero riscontrati movimenti di denaro di sospetta provenienza illecita. Nel caso di specie, insomma, le supposizioni di Saviano vanno un po’ a cozzare con l’evidenza delle inchieste e dei fatti.

Che Locatelli sia un criminale è provato da più di un processo e che la sua longa manu andasse ben oltre i confini spagnoli lo è altrettanto. Lo dicono i magistrati e inchieste internazionali, alla base proprio della storia raccontata da Saviano in ZeroZeroZero. Ma, come dice il sindaco Gori, non per questo allora Bergamo merita di essere accusata di omertà. I criminali esistono nel capoluogo orobico così come in tante altre città, italiane e non. L'errore di Saviano non sta tanto nell'ipotizzare una presunta "complicità" della città con Locatelli e i suoi traffici, quanto nel fare di tutta l'erba un fascio, nel generalizzare e nel lasciarsi andare a supposizioni che cadono poi vittime di numerose incongruenze. La speranza è che lo scrittore accetti l'invito del sindaco in città, cosicché possa rendersi conto che Bergamo, probabilmente, è qualcosa di completamente diverso da quello che lui immagina.

[Pasquale Claudio Locatelli]

Pasquale Claudio locatelli

 

Chi è Pasquale Claudio Locatelli. Nato ad Almenno San Bartolomeo, Bergamo, nel 1954, Locatelli è uno dei criminali italiani più potenti degli ultimi decenni. Per anni ha ricoperto il ruolo di grande scacchiere del traffico di cocaina dal Sudamerica all’Europa. La sua storia è stata fatta conoscere al grande pubblico da Roberto Saviano nel suo libro ZeroZeroZero. Appena ventenne diede vita a un’imponente rete di riciclaggio di auto rubate. Poliglotta (arriverà a parlare ben 4 lingue) e di mente fina, Locatelli capisce prima di altri il potenziale del traffico di cocaina: negli anni ’80 si trasferisce quindi in Costa Azzurra, dove mette in piedi una rete di traffico di droga per persone facoltose. Nel 1989, però, la polizia francese lo arresta, rinvenendo nella sua villa 41 kg di cocaina. Viene rinchiuso nel carcere di Grasse da dove riesce a evadere poco dopo. Scappa in Spagna, dove inizia, sotto lo pseudonimo di Mario di Madrid, la sua vita di latitante. Tratta con tutti i principali cartelli della droga sudamericani e le più grandi organizzazioni criminali europee per smistare la cocaina in arrivo dalla Colombia e immetterla sul mercato del Vecchio Continente.

Nel 1992 le più grandi forze di polizia internazionali, comprese le americane Fbi e Dea, varano la cosiddetta “Operation Dinero”, tesa a smascherare i principali protagonisti del traffico internazionale di droga: nel 1994 l’operazione porta a un nuovo arresto di Locatelli. Negli anni viene rimbalzato tra diversi carceri di Spagna e Francia. Dopo 10 anni viene estradato a Napoli per un processo, dove però la Cassazione ne ordina incredibilmente la scarcerazione per un cavillo. Locatelli ne approfitta per scappare nuovamente in Spagna, dove passa i successivi anni tra fermi, scarcerazioni, libertà vigilate e latitanza. Fino al 2010, quando venne arrestato all'aeroporto di Madrid su un mandato d'arresto emesso dalla Dda di Napoli. Il 7 agosto 2015 l'attesa estradizione: Locatelli è stato portato in Italia per scontare 26 anni di carcere.

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