Sei domande sulle stragi di Parigi che ancora cercano risposta
Un flop dei servizi segreti francesi?
Era facile prevedere che aumento dell’offensiva contro l’Isis da parte anche dei raid francesi poteva suscitare una contro-offensiva in Europa o in Francia verso obiettivi meno protetti. È un modo per allentare la tensione sul terreno di guerra in Siria e Iraq. Eppure l’apparato dei servizi segreti francesi, la Dgse, è costituito da 13mila uomini con un budget annuo che si aggira secondo Le Monde attorno ai 600 milioni di euro. Servizi dalle scelte quanto meno discutibili: attraverso la Dgse, per esempio, nel 2012 la Francia di François Hollande avrebbe fornito armi ai ribelli siriani del Free Syrian Army, violando oltretutto l'embargo dell'Ue, secondo quanto riferito in un’intervista dal giornalista Xavier Pannon. C’è un altro risvolto che denota la fragilità dei servizi di sciurezza francesi: i terroristi morti al Bataclan sono tutti giovanissimi. Gente che sfugge alle maglie degli infiltrati. Spesso si tratta di persone che neppure si conoscono tra di loro. Questo ha preso ulteriormente in contro piede i servizi francesi.
Quanti terroristi sono entrati davvero in azione?
È un altro degli enigmi nei fatti di venerdì. Il fatto di aver aperto più fronti in uno stesso momento ha creato un grande scompiglio dal punto di vista della ricostruzione dei fatti. In particolare la sequenza che ha visto prima la strage al Barr Le Carillon e al ristorante la Petite Cambodge (15 morti), alle 21.25. Poi, sette minuti più tardi cinque persone uccise al Café Bonne Bière in rue de la Fontaine-au-Roi. Infine alle 21,36 il fatto più grave con 19 persone ammazzate in Rue de Caronne. I testimoni hanno parlato di individui scesi da una Seat Leon nera (ritrovata a Mantreuil con tre kalashnikov), ma non se ne conosce il numero, e quindi non si sa quasi nulla di questa che è la terza squadra entrata in azione il 13 novembre, oltre a quella dello stadio e a quella del Bataclan. Ma la polizia francese ipotizza che i commando potrebbero essere stati quattro.
Ci sono profughi tra gli attentatori?
Dalla Grecia è arrivata la notizia che il titolare del passaporto siriano trovato su uno dei corpi degli aggressori di Parigi era stato registrato a Lesbo lo scorso ottobre come profugo. Lo ha reso noto il vice ministro degli Interni greco Nikos Toskas, precisando che è «passato per l’isola di Lesbo il 3 ottobre scorso dove è stato identificato in base alle regole dell'Ue». Questo non comporta certezze, perché è impossibile capire se il passaporto appartenesse davvero alla persona dilaniata dalla bomba o se non si tratta di un depistaggio. Due attentatori, ora ricercati, sarebbero entrati in Europa dalla Grecia. Ma questo apre un’ulteriore falla nei controlli incrociati tra Paesi e servizi di sicurezza europei.
Qual è la strategia di Hollande?
Il presidente francese ha seguito da subito la linea della massima intransigenza. In particolare ha chiesto la possibilità di prolungare lo stato di emergenza per tre mesi: questo dà più poteri all’esecutivo e vieta manifestazioni pubbliche. Per farlo però Hollande deve ottenere un cambio della costituzione. Sul fronte militare ha intensificato i bombardamenti su Raqqa, capitale dello Stato Islamico. Ma anche qui non è chiaro quante vittime civili siano state fatte.
Quante responsabilità ha la politica estera francese?
È una delle questioni che spiegano perché il terrorismo abbia scelto Parigi come principale obiettivo. La Francia negli ultimi anni ha avanzato ambizioni da nazione leader nel Mediterraneo, approfittando dell’indebolimento delle due superpotenze. Ma le scelte si sono rivelate spesso disastrose, come quella che ha visto Parigi guidare il cambio di potere in Libia, salvo poi perdere completamente il controllo della situazione. Anche in Siria la Francia ha commesso errori, cavalcando l’opposizione ad Assad senza calcolare conseguenze e senza guardare quali alleati si trovavano al suo fianco.
Torna la guerra di civiltà?
A differenza di Al Qaeda, l’Isis ha una strategia che non obbedisce a nessun disegno connotabile culturalmente. È una tattica che semina terrore anche nel mondo islamico, dove gli attentati nel 2015 hanno fatto un gran numero di vittime, per mettere in difficoltà i vari governi e per rafforzarsi, facendo breccia con la logica della violenza spettacolare tra i giovanissimi. Anche Parigi, con l’immenso “serbatoio” delle banlieue, per Isis è terreno di caccia e di ampliamento delle file.