Era stata istituita nel 1875

Un grazie a Mattarella lo dobbiamo Quello di aver abolito la naja

Un grazie a Mattarella lo dobbiamo Quello di aver abolito la naja
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Dieci anni fa si chiudeva l’epoca della coscrizione obbligatoria, la naja. E ci mancano dieci frasi in bergamasco dei soldati sotto le armi, dove il piccone aveva il manico curvo e la vanga diritto. Gli anni dell’orrifico cubo - lenzuola e coperte piegate sul letto - che il caporale di giornata ispezionava con umore vario, a seconda di chi volesse tiranneggiare o farsi amico. Gli anni in cui - dicevano i vecchi - si entrava ragazzi e si usciva uomini. Imparando, come Mowgli, le leggi della giungla. Ad esempio, se vuoi rubare qualcosa in magazzino, ruba due volte quel che ti serve. Perché potresti dover dare la metà del bottino a chi ti pizzica mentre stai uscendo. Oppure: se vuoi mandare a casa - o al ristorante di un amico - una parte consistente della carne del rancio, che viene da fuori su un furgone, guarda prima chi c’è di guardia, perché ci sono degli ufficiali bastardi che lo controllano anche quando va via. Altri invece non si accorgono nemmeno se gli rubi la caserma.

 

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Anni che se uno era barbiere, o si inventava di esserlo, trascorrevano in una nuvola di privilegi: niente guardie, niente «stai consegnato» se fuori ti beccavano col cappello storto, solo: «Attento a non lasciarli troppo lunghi, perché poi son ca… acidi per tutti», o cavoli amari, a seconda del grado di istruzione. Si diventava uomini, insomma. Adulti, nel senso avvalorato da Giovanni Papini nel Dizionario dell’omo salvatico, che «Quando si vede scritto "spettacolo per adulti" è sottinteso che si tratta di oscenità - e adulto viene così ad essere sinonimo di porco”». Si marcava visita, nel senso che ci si inventavano tutti i modi possibili per evitare l’esercitazione o qualche marcia con zaino affardellato in cui si rischiava - ed era abbastanza frequente - di lasciarci la pelle. Dipendeva, questa evenienza, dal fatto che le tabelle di marcia (ore, dislivelli e carico sulle spalle) erano ancora quelle dell’Ottocento, ossia tarate su contadini e alpigiani, e non su liceali o ragionieri.

La coscrizione obbligatoria di tutti i cittadini di sesso maschile era stata sancita dalla legge 7 giugno 1875 n. 2532, cinque anni dopo Porta Pia. «Tuttavia, solo il Testo unico delle leggi sul reclutamento dell'Esercito (legge 26 luglio 1876 n. 3260) dava precise indicazioni riguardo alla formazione delle liste di leva. Tale legge prevedeva che ogni comune tenesse due tipi di registri: le liste di leva e i ruoli matricolari». [wikipedia.it] Significava che ogni comune doveva essere in grado di segnalare al competente ministero di avere ragazzi in età da ricevere la “cartolina” che li invitava a presentarsi al più vicino distretto militare per “la tre giorni” di visita medica, e doveva poi conservare la documentazione di tutto quel che era loro successo nel periodo di tempo dedicato alla Patria. Fino al Foglio di Congedo Illimitato Permanente Effettivo che sanciva la recuperata libertà dalle angherie dei “nonni”, dei caporali e dei sergenti, a meno che non si fosse passati dalla loro parte. E a meno che il governo non decidesse di tornare a far la guerra, perché in quel caso - se avevi meno di una certa età - il permanente e l’effettivo andavano a farsi benedire: richiamato in servizio, si leggeva su quella nuova, maledettissima cartolina.

 

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Accanto ai precedenti liste e ruoli, la legge 30 giugno 1889 n. 6168 introdusse in ogni comune i registri dei quadrupedi, (ossia cavalli e muli) che potevano essere requisiti in caso di mobilitazione generale o parziale. Ogni quadrupede doveva recare, accanto al proprio, il nome del padrone. In caso di passaggio di proprietà il registro doveva naturalmente essere aggiornato. L’importanza rivestita da questo settore dell’esercito era documentata da molte circolari applicative. Ancora negli anni Sessanta le tabelle per la richiesta di diaria in caso di missione di un ufficiale chiedevano di indicare se il percorso dal luogo abituale di servizio a quello di destinazione temporanea fosse stato compiuto a piedi o a cavallo. Probabilmente i moduli erano stati stampati prima della diffusione dei mezzi meccanici semoventi a quattro (o più) ruote (con magari una di scorta) e due (o più) assi, e in una quantità tale da dover essere ancora smaltiti nei giorni dei Beatles e dei Rolling Stones. Tonnellate di carta che evitarono almeno che fossero sottoposte a rischio di requisizione - se non in periodi limitati e sanguinosissimi - le automobili e i camion.

Va detto che la coscrizione obbligatoria che l’allora ministro della Difesa Sergio Mattarella ebbe - assieme all’onorevole Martino e altri - il merito imperituro di abolire, aveva creato non pochi guai agli Iitaliani. Per nascondere i disastri si ricorse alla leggenda secondo cui, incontrandosi al fronte o nelle retrovie un marmittone nato in quel di Napoli e un tenente di Sassari (vedi la canzone: Era nato poveretto) gli italiani avevano imparato a conoscersi e a sentirsi una cosa sola. Imparato a conoscersi è vero, quanto alla cosa sola andrebbe sostituito con: e a fossilizzarsi nelle reciproche idiosincrasie, come sorridendo ricorda il film di Mario Monicelli La grande guerra, con Gassman il lombardo e Sordi che viene, naturalmente, da Roma. Quante volte abbiamo sentito ripetere che alle reclute provenienti dal Sannio, dall’Irpinia o dall’Aspromonte bisognava legare un nastro rosso sul braccio destro altrimenti si confondevano all’ordine: «Fianco Sinist! Sinist!» e mandavano a pallino l’ordine del plotone.

Cosa non è stato detto, d’altro canto, a gloria - valga per tutti - del 24º Reggimento artiglieria terrestre "Peloritani", la cui Bandiera di guerra fu decorata con Croce, sempre di guerra, al valor militare. Ecco la motivazione: «Durante l'intera campagna di guerra in Albania partecipò con i suoi gruppi alla strenua difesa del Korcano e alle operazioni offensive in Epiro; successivamente concorse al decisivo arresto del nemico prodigando l'eroico slancio dei suoi artiglieri e il potente fuoco dei suoi cannoni in stretta aderenza con i fanti nei settori più cruentemente contesi. Quando i proiettili mancarono, gli artiglieri combatterono con i moschetti e bombe a mano, uniti ai fanti nella comune, decisa, incrollabile volontà di vincere ad ogni costo. Nell'ora della riscossa, durante la vittoriosa offensiva e l'irresistibile tallonamento del nemico, sempre avanti, sempre pronto il 24° artiglieria confermò ancora una volta le gloriose tradizioni dell'Arma e del reggimento (Korca, Epiro, Pogradec, Val Tomorezza, Erseke, Ottobre 1940 - aprile 1941), (Decreto 31 dicembre 1947)».

Le gloriose tradizioni sono che i proiettili, ahimé, finivano troppo spesso in anticipo, che quei leoni dovettero spesso combattere coi moschetti e le bombe a mano. Soldati meravigliosi, combattenti senza pari al mondo, alti comandi da passar sotto silenzio, per non dire sotto processo. Tutti abbiamo letto a scuola di ‘Ntoni Malavoglia partito (e tornato) dal servizio militare e di Luca, uno dei nipoti, morto in quel disastro che fu la battaglia di Lissa - Adriatico settentrionale, 1866. Si disse, allora, che la sconfitta fu dovuta al fatto che marinerie provenienti dai diversi stati precedenti l’annessione al Piemonte non si intendevano fra loro sia, banalmente, a causa delle diverse lingue parlate, sia - cosa più grave - perché le manovre della flotta veneziana e quelle delle navi di Sua Maestà il Re di Napoli e delle Due Sicilie differivano in maniera assai consistente.

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L’esercito italiano fu dunque costituito col medesimo e sciagurato principio ideologico che portò il ministro Casati a costruire una scuola obbligatoria e uguale per tutti (principio sacrosanto) immaginando (però) che gli insegnanti sapessero parlare italiano, cosa che non corrispondeva affatto al vero. Fu dato per scontato; e così successe quel che sappiamo e vediamo ancor oggi: questi ragazzi non sanno scrivere. Nella conferenza di presentazione alla stampa del provvedimento che metteva fine ad oltre un secolo di malintesi e a mezzo di Repubblica il ministro della Difesa Sergio Mattarella ebbe a dire: «La riforma della leva è il dividendo della pace dopo 50 anni». «Dal 2006 avremo un nuovo esercito adeguato alle esigenze contemporanee che non sono di guerra bensì di strategia di difesa della pace e dei diritti umani». «Una grande svolta anche per quel che riguarda la vita dei nostri ragazzi, che non saranno più costretti a interrompere il loro percorso formativo, ma potranno guardare all'esercito come a una diversa opportunità di lavoro». Visto dall’altra parte del foglio: abbiamo dovuto aspettare 50 anni per avere il dividendo; per lo stesso periodo il nostro esercito aveva mantenuto un’impostazione superata di stampo bellicista; classi intere di studenti erano state costrette a interrompere per questo la loro formazione.

Grazie Mattarella per aver cambiato direzione.

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