Le proteste continuano

Il sicario messicano El Cepillo «Ho fatto uccidere io i 43 studenti»

Il sicario messicano El Cepillo «Ho fatto uccidere io i 43 studenti»
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Un nuovo capitolo è stato scritto sulla strage dei 43 studenti messicani spariti il 26 settembre 2014 a Iguala, nello Stato messicano di Guerrero. Il Procuratore Generale del Messico Jesús Murillo Karam ha dichiarato di avere le prove che i ragazzi sono stati uccisi, bruciati e gettati nel fiume. Non si tratta dei risultati sul dna dei resti di corpi periodicamente rinvenuti in fosse comuni da quando i ragazzi sono spariti. Le prove si baserebbero su quanto emerso da 400 interrogatori e dalla supertestimonianza di un sicario che appartiene ai Guerreros Unidos, il cartello del narcotraffico che terrorizza Iguala e dintorni. El Cepillo, questo il soprannome di Felipe Rodríguez Salgado, uno dei capi del cartello, avrebbe confessato di aver dato l’ordine di assassinare e bruciare gli studenti. Salgado è stato arrestato il 15 gennaio, ma la sua confessione è arrivata solo nei giorni seguenti. Una conferma, più che una vera svolta nelle indagini, di cui però bisogna ancora verificare la reale attendibilità.

Le altre confessioni. Non è la prima volta, infatti, che arrivano confessioni di questi tipo. Rimane famosa quella dei tre narcos, anch’essi appartenenti ai Guerreros Unidos, che a novembre avevano detto di aver ucciso tutti gli studenti attribuendo la paternità del mandato di assassinio al sindaco di Iguala, José Luis Abarca, e alla moglie, timorosi dell’interruzione di un loro comizio elettorale da parte degli studenti. La confessione non era stata priva di particolari macabri, come il rogo di 14 ore insieme a rifiuti e copertoni per confondere le tracce. Le famiglie all’epoca non credettero alla ricostruzione e pretesero gli esami del dna sui resti dei corpi fatti ritrovare dai presunti killer. Gli esiti degli esami hanno dato loro ragione: i resti non appartenevano ai loro figli.

 

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El Cepillo e la sua attendibilità. Adesso si sta assistendo a nuove rivelazioni e gli inquirenti sembrerebbero riporre maggiore fiducia nei confronti di quanto riferito dal Cepillo, che ha confermato la pista, battuta anche dagli investigatori, di un’alleanza esistente tra criminalità organizzata e forze di polizia della zona. Secondo quanto riporta il sito terredamerica.com, che cita la confessione di Salgado, il killer avrebbe dichiarato che la notte del 26 settembre l’ex assessore alla pubblica sicurezza di Iguala, Felipe Flores Velázquez (ancora latitante) e il vice-direttore di polizia del vicino comune di Cocula, consegnarono nelle sue mani «40 giovani con la testa rasata, e altri tre con i capelli lunghi». Ai sicari non venne rivelata la vera identità dei ragazzi, che vennero bollati ufficialmente come appartenenti a un clan rivale.

Il fatto che la polizia ritenga più credibile di altre volte la confessione di Salgado, che anzi la consideri la vera chiave per la risoluzione del caso, si deve anche alle testimonianze emerse da 386 interrogatori e da 16 raid della polizia. «Questi e molti altri elementi raccolti nel corso delle indagini ci permettono di produrre un’analisi ragionevole e logica, e concludere, senza dubbio, che gli studenti siano stati privati della loro libertà, uccisi, bruciati e gettati nel fiume San Juan. Questa è la ricostruzione storica dei fatti». Sono le parole del procuratore generale del Messico Jesús Murillo Karam.

La ricostruzione della notte del 26 settembre dovrebbe dunque essere questa. Gli studenti vengono fermati e poi caricati su un furgone; una volte consegnati a El Cepillo, prima vengono interrogati, poi uccisi e infine bruciati. Il leader dei Geurreros Unidos, Sidronio Casarrubias Salgado, ordina infatti di polverizzare i resti con delle pale e di buttarli nel fiume. El Cepillo esegue.

I dubbi sul luogo dove sono stati bruciati i corpi. La polizia messicana avrebbe anche individuato il possibile luogo dove sarebbe stato appiccato un grande incendio in grado di bruciare tutti i 43 corpi , ma gli scienziati messicani contestano la ricostruzione, dicendo che non può reggere perché i narcos avevano troppo poco tempo a disposizione. Secondo gli scienziati, è più probabile che i ragazzi siano stati bruciati in qualche forno crematorio a disposizione dell’esercito o di qualche privato. Finora gli esami del DNA sui resti rinvenuti, realizzati in un laboratorio in Austria, hanno portato all’identificazione di un solo studente. Per le pessime condizioni dei resti consegnati al laboratorio non sarà possibile identificare gli altri corpi.

 

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Le manifestazioni delle famiglie continuano. Se la polizia è concorde nel mettere la parola fine alla indagini, almeno da quanto sembra, non è così per le famiglie dei 43 studenti, che continuano a manifestare per chiedere di andare avanti con le ricerche e approfondire la vicenda. Subito dopo le dichiarazioni del procuratore Murillo è stata organizzata una conferenza stampa in cui i parenti delle vittime hanno accusato il governo di voler mettere fine alle indagini. Non sono pochi i famigliari che sostengono la versione secondo cui i loro figli siano ancora vivi e due giorni fa hanno organizzato grande manifestazione a Città del Messico per chiedere al governo di non chiudere le indagini.

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