La decisione finale

Smartphone in classe, il via libera

Smartphone in classe, il via libera
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«Chiarire l’uso dei dispositivi personali delle studentesse e degli studenti in classe, intervenendo sulle attuali circolari, risalenti ad un periodo troppo lontano da oggi». Era il compito che il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli aveva assegnato ad una commissione di esperti istituita ad hoc. Era il 15 settembre dello scorso anno. Ora gli esperti hanno finito il loro lavoro e hanno dato il via libera: sì agli smartphone in classe. Naturalmente si tratta di un via libera a determinate condizioni. Sarà lo sesso ministro a presentare il piano alla tre giorni sulla scuola digitale che si apre venerdì 19 gennaio a Bologna.

Linee dure e alternative. Facciamo un passo indietro. Attualmente a far da riferimento è la circolare trasmessa dal ministro Beppe Fioroni nel 2007. Allora il telefonino veniva bollato come un «elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente». E quindi veniva suggerito a docenti e dirigenti di adottare regolamenti severi, in modo da bandirlo il più possibile dalla vita scolastica. Ma i tempi cambiano e anche se il presidente francese Macron anche recentemente ha voluto insistere su questa linea dura, bandendo i cellulari dalle classi, l’Italia vuole provare a fare un passo coraggioso. Invece che proibire, provare a educare a un uso costruttivo di strumenti che sono sempre più presenti e importanti nella vita delle persone. Del resto il compito della scuola è quello di formare i ragazzi rispetto ad un mondo che cambia. Inutile nascondersi. E tenere nascosti gli smartphone negli zaini.

 

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Uso didattico degli smartphone. Come ha precisato il ministro, «la proibizione all’uso personale dei cellulari a scuola rimane. Vogliamo invece regolare il loro uso didattico sotto il controllo del docente». Di qui le indicazioni venute dagli esperti: si va verso un uso degli smartphone come supporti per la conoscenza e come strumenti per imparare in rete. Vengono ammessi i videogiochi educativi seguendo sperimentazione fatte in alcuni istituti italiani con ottimi risultati.

Gli esperti nelle loro conclusioni raccomandano la linea di una “politica di uso accettabile”: un regolamento condiviso e non calato dall’alto, coinvolgendo i consigli di classe e spiegando bene a studenti e famiglie le regole e le motivazioni. L’obiettivo è quello di trasformare le aule in laboratori informatici, dove gli smartphone oltre che strumenti diventano materia da “studiare”: praticamente didattica digitale, dove l’obiettivo è anche quello di educare all’uso degli strumenti, aiutando i ragazzi a darsi delle regole.

 

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Esempi virtuosi. Qualche esempio: alla scuola media Belli-Ic Parco della Vittoria di Roma si usa lo smartphone anche per fare test online in diretta. «Il cellulare è uno strumento utilissimo in classe: ha una serie di sensori, di misuratori, di strumenti di collegamento, che ci permettono di usarlo in tantissime materie», ha spiegato Daniela Di Donato, una prof super-digitale. Alla scuola Gentilino di Milano, una primaria, i docenti hanno organizzato cacce al tesoro virtuali studiando punti di interesse geografico per farli poi presentare ai compagni dell’altra regione.

Al liceo Majorana di Brindisi, un istituto leader nell’innovazione, hanno anche lanciato dei corsi di formazione per i genitori, in modo che la formazione all’uso costruttivo dei device sia completata anche da un percorso fatto in casa.

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