Lo dicono gli studiosi americani

Altro che bicipiti scolpiti Sollevare pesi potenzia la memoria

Altro che bicipiti scolpiti Sollevare pesi potenzia la memoria
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Saranno contenti tutti i body builder. Perché andare in palestra ed impegnarsi soprattutto in esercizi di sollevamento pesi non solo contribuirebbe al potenziamento dei muscoli (addominali “a tartaruga” in primis), ma favorirebbe anche il miglioramento del 10 percento della memoria a lungo termine. Il bello è che non occorrerebbe un grande sforzo: solo 20 minuti di allenamento e neanche troppo intenso. Ad attestare la positiva influenza dell'attività fisica sul cervello è uno studio condotto dal Georgia Institute of Technology di Atlanta (Stati Uniti) su un gruppo di giovani (piccolo) in buona salute, non atleti di professione.

Non servono mesi di sudore o solo esercizi aerobici quali ad esempio corsa, cyclette o nuoto, come accreditavano le ricerche fino ad oggi attuate. Benefico per la memoria (e il corpo) sarebbe anche un esercizio più soft, anaerobico, costituito da esercizi di resistenza fisica come gli squat, la gamma di attività per potenziare e tonificare i muscoli degli arti inferiori, o i piegamenti sulle ginocchia, il sollevamento pesi e così via.

 

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L’esperimento effettuato. L’esperimento che ha accreditato la validità di questa seconda classe di esercizi sui miglioramenti delle performance cerebrali ha coinvolto 46 giovani adulti sani a cui era stata fatta come unica richiesta quella di guardare 90 immagini di vario genere sullo schermo di un computer. Un terzo di queste erano di soggetto positivo, per esempio bambini su uno scivolo ad acqua, un terzo erano immagini negative correlate principalmente a contesti cruenti, e l’ultimo terzo neutro, ad esempio oggetti e cose non emotivamente stimolanti. I testati sono stati poi suddivisi in due gruppi: i fisicamente attivi cui è stata fatta usare una leg extension machine per sollevare per 50 volte il massimo peso possibile con le gambe, mentre il gruppo di controllo restava seduto sull'attrezzo senza compiere alcuno sforzo. Nel frattempo, sia nei casi di pigrizia che in quelli di ‘brucia calorie’, i ricercatori rilevavano pressione sanguigna, frequenza cardiaca e raccoglievano un campione di saliva per ricercare particolari marcatori dello stress.

L’emozione e l’attività fisica fanno la differenza. Dopo 48 ore i partecipanti sono stati visivamente interrogati con altre 180 immagini, tra le quali anche le 90 viste in precedenza. Ed ecco la sorpresa: mentre il gruppo degli inerti (di controllo) era stato in grado di riconoscerne all’incirca il 50%, gli utilizzatori dell’attrezzo pesistico da gambe ne ricordavano circa il 60% (ovvero il 10% in più).

Ma si è anche scoperto che in entrambi i gruppi venivano ricordate con più facilità le immagini positive o negative, quelle emotivamente significative, rispetto a quelle neutre, constatazione tanto più vera fra gli attivi. E con risultati ancora migliori se il test di riconoscimento delle immagini avveniva dopo uno stress acuto, come un esercizio fisico intenso ma di breve durata, svolto anche tempo prima.

 

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Proprio come i roditori. Una dimostrazione dell’influenza stressante sulla memoria era già stata comprovata da uno studio di laboratorio sui roditori che individuava le aree del cervello che traggono mnemonicamente maggiori benefici da fattori che tengono sotto pressione. Anche i dati ottenuti fra i palestrati, sebbene preliminari e su un numero ristretto di partecipanti, sarebbero promettenti e coerenti con l’esperimento sulle cavie: i ricercatori hanno infatti rilevato nei campioni di saliva raccolti un aumento dei livelli di alfa-amilasi, un marcatore della presenza di una molecola nota per il suo legame con lo stress, la noradrenalina.

I passi successivi della ricerca. La possibile correlazione positiva fra attività fisica e memoria oggi rilevata, invita la ricerca a proseguire in questa direzione cercando di determinare una eventuale relazione e applicabilità anche ad altri tipi di memoria. Ma soprattutto il tipo e la quantità ottimale di esercizio di resistenza da scegliere e applicare nelle fasce di popolazioni più labili alla prova del ricordo: ad esempio gli anziani e le persone con disturbi della memoria.

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