Sonnambuli si nasce, colpa del Dna Però, mamme, qualche rimedio c'è

Non è questione di cene troppo pesanti, di film angoscianti visti appena prima di andare a letto o ancora di pensieri cattivi sulla giornata che l’indomani lo aspetta a scuola. I risvegli notturni di bambini e adolescenti, ovvero gli episodi di sonnambulismo, avrebbero una componente genetica. Si ereditano cioè da mamma e papà. Ad asserirlo è uno studio canadese condotto dal Centro per la Ricerca Avanzata sulla Medicina del Sonno di Montreal e pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics.
Non ci sarebbero proprio dubbi: sonnambuli si nasce. Sarebbe cioè iscritto nel DNA il che fatto che, nel bel mezzo della notte e senza ragioni apparenti, ci si alza dal letto, si vaga nella casa ad occhi chiusi, accendendo pure le luci se capita, e poi, allo stesso modo, inconsapevolmente, si ritorna a letto. Come se niente fosse e soprattutto senza ricordare nulla della passeggiata notturna la mattina successiva.
Non serve essere adulti, questo fenomeno spesso accade anche in bambini molto piccoli o nell’età adolescenziale, con una probabilità maggiore se di questo disturbo che interrompe il sonno soffrono i genitori. Lo ha determinato una ricerca canadese condotta su oltre 2mila bambini tra 1 e 13 anni, scoprendo che i piccoli che avevano entrambi i genitori nottambuli avevano un rischio 7 volte maggiore rispetto alla media di sviluppare lo stesso problema e di 3 volte superiore se invece ad avere questa tendenza era o solo mamma o solo papà. In buona sostanza, la ricerca avrebbe rivelato che oltre il 60 percento di bimbi figli di sonnambuli, ereditano a loro volta questa tendenza, mentre capita solo nel 50 percento dei casi se almeno uno dei due genitori non si alza per passeggiare di notte. Ma non solo: lo studio avrebbe anche rivelato che il sonnambulismo potrebbe essere correlato, in taluni casi, anche ad incubi notturni. Anche questi dunque potrebbero avere una natura genetica.
Cos’è il sonnambulismo. Il sonnambulismo, come dice il verbo, significa vagare nel sonno ma in un momento particolare, ovvero tra le due fasi di sonno profondo o non REM 3 e 4. Si tratta di un disturbo che insorge di norma in età pediatrica o pre-adolescenziale, tra i quattro e i dodici anni circa, mentre prima di questa età e se vi è tendenza al sonnambulismo, potrebbero comparire invece il pavor (terrore) notturno e gli incubi, che sono altre manifestazioni connesse alle parasonnie o disturbi del sonno che dir si voglia.
C’è da preoccuparsi? Pare di no, poiché non ci sarebbero conferme scientifiche che il sonnambulismo possa influenzare o avere risvolti neurologici o psichiatrici sul bambino, come invece si riteneva un tempo. Né tantomeno pare lasciare strascichi l’indomani mattina, perché il bambino si sveglia sereno come se avesse dormito regolarmente per tutta la notte. E senza correre rischi se gli episodi occorrono in ambienti noti al bambino, come la propria cameretta o la casa nei quali anche inconsciamente sa muoversi con sicurezza.
Occorre avere un po’ più di attenzione se l’episodio accade in ambienti nuovi – come ad esempio in vacanza o in luoghi poco famigliari – dove il bambino/ragazzo potrebbe incappare in un ostacolo non conosciuto sul proprio cammino. Bisogna poi fare attenzione a eventuali scale, per evitare il rischio di cadute, o di portefinestre che conducono a balconi, specie se il bambino è abbastanza grande per arrivare alla maniglia e aprirla. In questi casi, quando cioè si è fuori dall’ambiente domestico, è bene vigilare e se necessario svegliare la persona (anche in questo caso non si arreca alcun tipo di danno) e ricondurla a letto perché di norma la passeggiata avviene una sola volta a notte.
Qualche consiglio preventivo. Sarebbe bene assicurarsi che i bambini non arrivino a letto eccessivamente stanchi e stressati o potrebbe essere utile istituire rituali rassicuranti e ripetuti prima del sonno come leggere un libro o ascoltare musica rilassante. Allo stesso modo, prima dell’addormentamento, sarebbe consigliabile non esporre i bambini a situazioni di sovraeccitazione o far bere loro bibite contenenti caffeina o altri stimolanti del sistema simpatico. Che non fanno mai bene, ancor meno in questi casi.