Sorpresa nei paesi della Presolana La gente ha detto "No" alla fusione

In quest'umido autunno 2016, i referendum sono protagonisti. Mentre tutta Italia attende il 4 dicembre, quando si dovrà dire "Sì" o "No" alla proposta di riforma costituzionale avanzata dal Governo Renzi, nella Bergamasca c'è chi ha già preso una posizione importante. Forse meno di quella che attende l'Italia intera, ma certamente più... pratica. Domenica 20 novembre, infatti, a Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo si è votato sul progetto di fusione dei cinque Comuni della Presolana, un progetto iniziato anni fa e diventato quasi realtà oggi. Quasi, perché la gente ha infatti detto di "No". E in modo anche schiacciante in tutti e cinque i Comuni coinvolti: 637 voti a Cerete contro 243 "Sì"; a Fino del Monte con 269 contro 397; 282 contro 202 a Onore; a Rovetta 1.359 voti contro 713; 221 contro 206 a Songavazzo. Questo risultato a fronte di una buona affluenza, pari al 60 per cento degli aventi diritto: a Cerete il 62,72 per cento, a Fino del Monte il 59,21 per cento, a Songavazzo il 64 per cento, a Onore il 57,23 per cento e a Rovetta il 55,86 per cento.
Masticano amaro i cinque sindaci dei cinque Comuni, tutti eletti nel 2014 e tutti d'accordo sulla fusione. Anzi, l'unione era nel programma di ognuno di loro. Stefano Savoldelli, primo cittadino di Rovetta, non può che prendere atto della schiacciante sconfitta (nel suo paese i "No" hanno vinto con un netto 65,58 per cento): «Non piace, punto, si lavori di conseguenza. La risposta della gente è chiara, lavoreremo di conseguenza». Nonostante l'amarezza, Savoldelli si aspettava che il no potesse vincere: «La mia proiezione non si discosta di molto da quella reale», spiega a L'Eco di Bergamo. Il motivo? «La percezione che ho avuto è che “si sta bene così”, il che è anche lusinghiero da un certo punto di vista». Dello stesso avviso anche Giuliano Covelli, sindaco di Songavazzo e presidente dell’Unione dei Comuni: «Abbiamo fatto il massimo, ma forse il messaggio si è fermato in superficie, non è andato nel profondo. Comunque, volendo essere coerenti, con questo risultato la nostra gente dice di star bene così».
Ma cosa non è funzionato? Perché questo cambiamento, che secondo i primi cittadini avrebbe portato diversi vantaggi a tutte le comunità, non è stato approvato dalla popolazione? Secondo Covelli, uno dei principali problemi è stato quello della comunicazione. Forse si doveva iniziare a parlarne prima e più a fondo, con maggior precisione, della fusione. Conferme in tal senso arrivano da Mauro Bertocchi, capogruppo di minoranza della lista “Rovetta ci Piace” e uno dei promotori del Comitato del “No”: «Sul risultato ha pesato una carenza di informazione da parte di chi proponeva la fusione. Siamo convinti che bisognava coinvolgere la popolazione sin dall’inizio, alcuni oggi non sapevano che avrebbero dovuto scegliere anche il nome del futuro Comune ad esempio. Determinante è stato poi anche il confronto negato dai cinque sindaci, percepito forse come una paura di informare il cittadino». A questo punto l'unica strada è quella di rafforzare ulteriormente l'Unione dei Comuni della Presolana nata nel 2000, ovvero un progetto comune che ha già permesso ai cinque paesi di condividere alcuni servizi senza però perdere la singola sovranità sul proprio territorio. Rafforzare l'Unione potrebbe essere il logico punto di incontro tra chi era a sostegno della fusione e chi invece la osteggiava.