Uno studio tedesco

Sorpresa, il virus del raffreddore ci è stato passato dai dromedari

Sorpresa, il virus del raffreddore ci è stato passato dai dromedari
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Tra uomini e animali non ci sarebbero solo rapporti di amicizia e fedeltà, ma anche una relazione di starnuti. Almeno quando si parla di dromedari. Secondo un recente studio dell'ospedale universitario di Bonn, in Germania, pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista internazionale Pnas, da questo camelide, che i ricercatori hanno identificato come ‘untore zero’, alla stregua di coloro che ai tempi dei Promessi Sposi avevano trasmesso e diffuso la peste, avremmo ereditato il primissimo raffreddore.

 

 

Una scoperta inaspettata. Non fosse altro che il fatto che i ricercatori tedeschi stavano indagando su tutt’altro. Ovvero sulle modalità di sviluppo e contagio della Mers, la grave sindrome respiratoria mediorientale dovuta ad un particolare coronavirus, di cui i dromedari sembrerebbero essere il principale veicolo e serbatoio di conservazione del virus. E tra un campione prelevato e una analisi effettuati su all’incirca mille esemplari di dromedari, gli esperti si sono imbattuti anche in una quasi certezza. Cioè che gran parte di questi animali, in una proporzione pari a circa il 6 percento, era positiva anche all’HCoV-229E, la sigla scientifica che identifica il coronavirus del comune raffreddore nell'uomo.

Le analisi. Sono state molto dettagliate perché i ricercatori non si sono accontentati della prima impressione. Bensì hanno prelevato dai dromedari svariati campioni di questo germe, arrivando così a provare che il batterio era in grado di infettare anche la nostra specie. Fatto poco confortante, ma che ha dato anche buone notizie in quanto questo virus non sarebbe in grado di trasformarsi in vera e propria epidemia, come invece potrebbe accadere sulla Mers e sul cui rischio gli esperti mettono in guardia, perché il sistema immunitario del nostro organismo sarebbe già capace di riconoscere il coronavirus responsabile del raffreddore e quindi di tutelarsi o comunque di combattere efficacemente questo microbo.

 

 

La Mers. Questa sindrome respiratoria è già un caso, anche fra la nostra specie. Il primo episodio si è infatti registrato nel 2012, tuttavia l’aspetto positivo sta nel fatto che il germe non si è ancora sufficientemente ambientato al nostro organismo. Questo significa che non ha ancora acquisito  tutte le condizioni necessarie per diffondersi in maniera importante ed epidemica. Un rischio che i ricercatori stanno comunque valutando con molta attenzione, perché se il coronavirus della Mers assumesse nel tempo questa potenzialità, avrebbe la stessa capacità e facilità di diffusione simile a quella del raffreddore. Diffondendosi cioè a macchia d’olio fra gli umani.

In conclusione. La Mers, fanno sapere gli esperti, non è una malattia da sottovalutare soprattutto in considerazione delle possibili probabilità epidemiche. Dunque occorre mettere in atto ogni misura e ricerca efficaci al fine di bloccare l’azione del coronavirus untore, affinché non diventi tanto potente e capace quanto è attualmente l'HCoV-229E. Di cui siamo consapevoli, soprattutto nelle stagioni fredde, quando gli etciù e i fazzoletti sono destino comune.

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