Spintoni, scappellotti e sculacciate al nido di Boccaleone, ma un'educatrice difende la titolare
I filmati e gli insulti registrati di nascosto dalla polizia, un piccolo a casa chiudeva i pupazzi nell'armadio e ha ancora paura del buio
Prosegue in tribunale il processo alla titolare di un asilo nido di Boccaleone, in via Rosa a Bergamo.
Una realtà che aveva chiuso in seguito alle restrizioni Covid, ma di cui si torna a discutere perché la donna è ora imputata per maltrattamenti: insulti, sberle, scappellotti e castighi discutibili sono sotto la lente in aula. Nella precedente udienza si erano ascoltate le testimonianze di due ex educatrici, licenziatesi per questioni economiche e perché avevano problemi con la loro datrice di lavoro, oltre che i racconti di due mamme, di cui una aveva poi denunciato la situazione sospetta nel 2019 in Questura.
I filmati e le registrazioni
Stavolta, invece, come riportato oggi (giovedì 24 ottobre) dal Corriere Bergamo, si sono visionati dei filmati di inizio 2020 e ascoltate delle registrazioni, effettuate di nascosto dalla polizia nella struttura. In seguito, è stata la volta di un'altra ex educatrice, interrogata dalla Difesa, e del papà del bambino con sindrome di Down, finito confinato nel suo lettino in bagno. Andando in ordine, i video. Se ne sono proiettati quattro: nel primo, si vede la titolare raggiungere un piccolo, per poi tirargli uno scappellotto dietro la testa e infine un pizzicotto all'orecchio.
Nel secondo, invece, lo stesso ospite dell'asilo viene tirato per un ciuffo di capelli. Nel terzo e nel quarto, una bambina in piedi nel lettino viene spinta due volte giù sul materasso e, alla seconda, dopo arrivano anche tre sculacciate. Le cimici, invece, piazzate da due agenti che si erano finti una coppia che voleva portare lì il proprio figlio, hanno registrato una serie di epiteti e insulti rivolti dalla donna ai bambini.
Un'educatrice la difende
Arrivati al momento di interrogare l'educatrice, l'avvocato Fabio Pezzotta, che difende la donna insieme a Sara Veri, le ha chiesto se avesse mai assistito a maltrattamenti fisici e se l'avesse mai sentita rivolgere ai piccoli delle parolacce. In entrambi i casi, la testimone ha risposto di no, sostenendo inoltre che l'imputata le era sembrata una persona amorevole.
Sotto la lente i traumi di un bambino
Si è infine arrivati al racconto del padre del bambino con sindrome di Down, che sarebbe stato lasciato a dormire, in un lettino a sponde chiuse, nel bagno, alla penombra. Una situazione tale per cui ancora adesso, dopo anni, ha ancora paura del buio, con crisi quando in alcuni casi va via la luce. Altro riflesso di quanto sarebbe accaduto all'asilo, allora, era il gioco nel quale prendeva a casa i suoi pupazzi e li rinchiudeva nell'armadio, in castigo. A un certo punto, alla domanda del padre se lo avessero mai fatto a lui e chi fosse stato, aveva indicato la titolare come la responsabile.
Nessuna pietà, i bambini sono sacri, per cui carcere e lavori forzati
sono situazioni molto tristi, ricordiamoci che i bambini di oggi sono il nostro futuro e se i loro genitori dovendo lavorare li affidano a queste strutture hanno il diritto di pretendere che i loro figli siano trattati al meglio, sarebbe utile che tutte queste strutture siano dotate di telecamere interne per vigilare su detti comportamenti.
La signora in questione dovrebbe essere interdetta a vita ma ho i miei dubbi .