Gli americani hanno evacuato l'ambasciata

Cosa sta succedendo in Yemen (dove è guerra nella capitale)

Cosa sta succedendo in Yemen (dove è guerra nella capitale)
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I venti di golpe che stanno scuotendo lo Yemen non accennano a placarsi. I ribelli sciiti hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale e oscurato i media ufficiali del paese. Una situazione che è drammaticamente precipitata dopo i fatti di ieri, e a nulla è valsa la tregua che sembrava entrata in vigore e che ha retto per poche ore.

La riconciliazione del 1990 tra il nord e il sud, che ha portato alla nascita dello Yemen ha portato con sé una dura guerra civile i cui strascichi si sentono ancora oggi. L’economia dello stato si regge principalmente sulle esportazioni di petrolio, gas naturale, caffè e cotone. Anche se sarebbe meglio parlare al passato, dal momento che il paese è sull’orlo del fallimento.

Da qualche mese alcuni gruppi di miliziani sciiti hanno iniziato un serie di proteste contro il presidente Abed Rabbo Mansur Hadi. Le tensioni tra le parti sono salite lo scorso fine settimana in seguito al rapimento del capo di gabinetto del presidente Hadi, Ahmed Awad bin Mubarak. Il 19 gennaio feroci scontri tra esercito e ribelli nei pressi del palazzo presidenziale della capitale San’a avevano fatto temere il colpo di stato. Il ministro dell’informazione nella mattinata, sentita dalla tv AlJazeera, aveva paventato la possibilità di “vedere un altro Yemen entro stasera” (ieri n.d.r.) e aveva aggiunto che parte dell'esercito non obbedisce agli ordini del presidente. Molte ambasciate sono state chiuse, quella italiana funziona a servizio ridotto e alcuni spari sono stati rivolti verso un veicolo dell’ambasciata USA. I soldati americani, presenza fissa nel paese dopo l’11 settembre 2001, sono già stati allertati in modo da agire rapidamente in qualsiasi momento. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, su richiesta della Gran Bretagna, si è riunito a porte chiuse per discutere la delicata situazione del paese e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha espresso "grave preoccupazione" per la situazione nello Yemen e lanciato un appello affinché sia ristabilita l'autorità delle legittime istituzioni di governo.

 

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I fatti. Il palazzo presidenziale è sotto il controllo dei ribelli, e la residenza del presidente è sotto le bombe. Hadi ha fatto perdere la sue tracce e non si sa dove sia. Ieri era stata assaltata la sede dell’agenzia di stampa principale del paese e la tv di stato. Le esplosioni sono andate avanti per ore e in molte zone della capitale manca la corrente elettrica. Solo nella giornata di ieri, 19 gennaio, ci sono 9 morti e decine di feriti, e la tregua che era entrata in vigore dopo che il governo aveva chiesto il cessate il fuoco sembrava aprire uno spiraglio di trattative. Il presidente Hadi aveva annunciato di aver messo in agenda un vertice con i suoi consiglieri politici e i rappresentanti degli insorti. Ma tutto è precipitato.

Come accade in questi casi, la versione dei fatti è confusa e non si capisce chi abbia dato il via, ieri, agli scontri. Il canale tv dei ribelli ha accusato l’esercito di avere aperto il fuoco contro i miliziani nell’area del Palazzo, mentre un alto funzionario militare ha affermato che gli sciiti hanno provocato gli scontri attaccando alcuni checkpoint militari. La televisione di stato non ha dato la notizia, mostrando immagini di repertorio e uno spettacolo musicale.

 

palazzo presidenziale

 

Chi sono i ribelli. I ribelli sono miliziani del clan degli Al Houti, appartenenti alla minoranza sciita, che non riconoscono alcune legittimità al Governo Centrale. Sono invisi sia dai vicini sauditi sia da alQaeda nella Penisola Araba. Le loro idee si formano all’interno della galassia delle correnti sciite dell’Islam, più precisamente quella Zaidita. Il loro leader è stato ucciso nel 2009 da un raid aereo. Le autorità yemenite, appartenenti all’islam sunnita, accusano l’Iran sciita di fomentare la rivolta per spingere al potere gli Houti e avere un alleato nel Golfo. Già dallo scorso settembre i ribelli si erano impadroniti di gran parte della capitale San’a. Si erano però parzialmente ritirati dopo aver firmato, sempre a settembre, un accordo con i partiti politici per la formazione di un governo di unità nazionale. Il governo venne effettivamente creato e ottenne pure la fiducia del parlamento a dicembre, ma si è dovuto scontrare con gli alleati dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh che, nel frattempo, pare si sia alleato con gli Houti essendo anch’egli zaidita. Sono gli Houti a essere accusati del rapimento di sabato scorso, e il motivo sarebbe quello di bloccare una bozza di Costituzione che avrebbe diviso il Paese in sei regioni: una sorta di federalizzazione, con gli sciiti relegati nel Nord, i secessionisti nel Sud e le aree ricche di petrolio del centro sostanzialmente in mano alle tribù sunnite. Gli Houti chiedono che il paese venga diviso in due regioni federate.

 

Situazione difficile da anni. Il Paese arabo, abitato da 24 milioni di abitanti di religione musulmana e situato a sud dell’Arabia Saudita, è una polveriera dal 2011, quando iniziarono le proteste contro l’allora presidente Saleh che venne destituito e al suo posto prese il potere il fedelissimo Hadi. Da quando si è insediato il nuovo presidente le cose non sono molto cambiate, anche se Hadi ha provato a portare avanti alcune modifiche costituzionali. Di fatto, però, si è creato un vuoto politico e istituzionale che non ha giovato al paese, in cui ci sono due realtà ben radicate.

Da un lato la guerra al terrorismo, ricordiamo che lo Yemen è la patria di addestramento dei principali gruppi legati ad alQaeda, e dall’altro il conflitto interno. Il governo di San’a è da tempo uno dei principali alleati degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo. Qui i militari americani sono presenti per contrastare alQaeda, ma non tutti amano questa presenza. AlQaeda, infatti, appoggia le istanze secessioniste portate avanti dal Southern Mobility Movement, per tornare alla situazione precedente la formazione dello stato. Dal 2000 le ragioni della guerra sono sempre le stesse: la lotta al terrorismo. Sullo sfondo le tensioni interne, riemerse con le cosiddette primavere arabe, fra governo centrale e clan, spesso legati alla tradizione e poco propensi ad accettare cambiamenti nel modo di vivere. In questo quadro alQaeda e i suoi miliziani sono visti come un argine contro la possibile avanzata degli Houti. Ma quello che più preoccupa nello Yemen oggi è la lotta a cui si sta assistendo tra sciiti e sunniti, paradigma di tutti gli scontri che stanno interessando il mondo musulmano al suo interno.

 

 

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