lite al semaforo

Sterzò per timore, non per speronarlo: la difesa dell'uomo accusato di aver ucciso Monguzzi

L'accusa ha chiesto 24 anni per il guidatore della Panda, ma il suo legale vuole la non punibilità per legittima difesa

Sterzò per timore, non per speronarlo: la difesa dell'uomo accusato di aver ucciso Monguzzi
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L'uomo accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi per la morte del motociclista Walter Monguzzi, 55 anni, di Osio Sotto, rischia una condanna a 24 anni, ma il suo avvocato Andrea Pezzotta ha chiesto la non punibilità per legittima difesa, o eccesso colposo di legittima difesa.

È stata la Bmw a ucciderlo

I fatti risalgono al 30 ottobre 2022, quando l'osiense a bordo della sua moto morì a Montello a seguito di una lite al semaforo con l'uomo ora accusato di omicidio, che era a bordo della sua panda  - in stato di alterazione psicofisica - lo avrebbe speronato. L'avvocato difensore si è concentrato sulle dichiarazioni due testimoni e sulle valutazioni del medico legale secondo il quale «se non fosse sopraggiunta l'auto le conseguenze non sarebbero state queste». Monguzzi, caduto a terra, venne infatti investito da una Bmw, che sopraggiungeva dalla corsia opposta e viaggiava - nota il difensore - al di sopra dei limiti di velocità.

Come riporta L'Eco di Bergamo, l'avvocato difensore ha dichiarato in riferimento al guidatore della Bmw: «Lungi da me volere un imputato in più, ma è pacifico che abbia una responsabilità colposa nella morte di Monguzzi». Nella sostanza, il difensore nota come il pm e la parte civile non abbiano preso in considerazione alcune parti della vicenda, ricostruita in modo non corretto.

Il comportamento di Monguzzi

Si aggiunge poi il comportamento dello stesso Monguzzi. Sempre secondo il difensore sarebbe stato lui a voler proseguire la lite, perché «Monguzzi parte dopo», e lo fa in modo «concitato», accelerando per poi rallentare una volta raggiunta la Panda. Pertanto, quello che dall'accusa è stato considerato uno speronamento a tutti gli effetti sarebbe stato invece un insieme di  «manovre graduali per spingerlo verso un tratto di strada libera, con l'unico intento di fargli fare ciò che lui non voleva fare: andare via». Monguzzi stesso poi avrebbe reso precaria la propria situazione dando calci alla alla portiera della Panda.

Per paura, non per la lite

L'avvocato ha chiesto quindi di immedesimarsi in quanto vissuto dentro la Panda dall'imputato. L'accusato avrebbe quindi reagito non tanto per la lite, quanto più per il timore «di subire un'aggressione». In questo modo decadrebbe l'ipotesi dei futili motivi. Inoltre, anche se ci fosse dolo «l'unico eventuale è di lesioni», e non legato all’evento morte. Il 18 dicembre, le eventuali repliche e la sentenza.

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