La rivalità tra Bergamo e Brescia nacque per colpa di un bresciano
Da dove nasce la rivalità tra Bergamo e Brescia? La vicinanza delle due città ha, da sempre, i conti aperti con un acceso confronto campanilistico: rivalità economiche, di confine (si pensi alla Valle Camonica passata a Bergamo in epoca napoleonica) fino alle sfide sui campi sportivi di oggi, dove il derby lombardo tra Atalanta e Brescia trascende senza dubbio la mera competizione calcistica.
Allo stadio, dai maialini agli striscioni. Pur non riproponendosi da parecchi anni, il confronto allo stadio fra le due città “cugine” conta numerosi pittoreschi episodi che lo hanno caratterizzato già a partire dagli anni Novanta. Indimenticabili sono stati il furto dello striscione nell’annata 1992-1993 ad opera dei bergamaschi, sventolato poi sotto il naso dei bresciani proprio a casa loro, o la furibonda corsa di Carlo Mazzone sotto la curva atalantina dopo il rocambolesco pareggio per 3-3 nella stagione 2001-2002. Ma anche la comparsa sul pannello autostradale, dopo la vittoria orobica del derby nel 2006 per 2 a 0, della scritta «Lavori in corso a Bergamo km 2 e a Brescia 0»; o ancora la liberazione in Curva Nord di un vero maialino con addosso una maglia del Brescia.
L’inizio della rivalità (per colpa di un bresciano). Il campanilistico antagonismo tra le due realtà lombarde è, però, di vecchia data, e ben più radicato di un confronto calcistico. Per la precisione, si deve risalire al Dodicesimo secolo. Nel 1126, infatti, tal Giovanni Brusati da Brescia mise all’asta le sue proprietà per finanziare la sua crociata in Terra Santa. Ma la curia bresciana non se la passava troppo bene a livello economico e dovette rinunciare all’acquisto dei possedimenti, che furono venduti alla città di Bergamo. Così, la cessione dei feudi di Volpino, Ceratello e Onalino (ciascuno col proprio bel castello, e per di più di importanza strategica) scatenò feroci proteste che sarebbero durate per i decenni successivi. La curia di Brescia, infatti, contestò l’acquisizione da parte di Bergamo, la quale per pronta risposta riempì i castelli di truppe per manifestare l’assoluta volontà di non cedere alle pretese bresciane. Arbitro della controversia, dopo quasi 30 anni di schermaglie, fu l’imperatore Federico I Barbarossa che - nel 1154 - sentenziò la restituzione dei terreni del Brusati alla curia bresciana.
La prima vera battaglia (colti alla sprovvista). I bergamaschi all’inizio si sottomisero alla decisione dell’Imperatore, ma passò poco tempo prima che riprendessero le scaramucce militari sul confine. Fino a che, nel 1156 fu dichiarata ufficialmente guerra. Le truppe bresciane attraversarono i confini bergamaschi e si accamparono a Palosco, in località Grumore, determinati a sferrare un attacco il giorno successivo. I bergamaschi si prepararono ad ingaggiar battaglia. Prima dell’alba, però, i bresciani li colsero di sorpresa, sostanzialmente ancora dormienti. La sconfitta, con la perdita di 2500 uomini per l'esercito di Bergamo, fu accompagnata dalla distruzione del castello di Palosco e dal furto del gonfalone di Sant’Alessandro. Una sonora sconfitta dei bergamaschi che portò ad una tregua, siglata presso la chiesa di San Michele tra le Mura a Telgate: i bergamaschi si impegnavano a rinunciare a qualsiasi pretesa sui terreni oggetto della disputa.
Una vignetta dedicata alla battaglia di Malamorte.
La seconda battaglia (fu una carneficina). Lo scontro tra la Lega Lombarda e l’imperatore Barbarossa, culminato con la vittoria di Legnano nel 1176, sembrava aver interrotto le diatribe tra bergamaschi e bresciani. Ma la pace durò solo fino al 1191. Oggetto del contendere ovviamente i soliti territori di confine lungo il Sebino (quelli di cui sopra). Fu ingaggiata battaglia a Rudiano (rinominata emblematicamente “della Malamorte”); gli schieramenti si disposero sulle rive opposte del fiume: i bergamaschi, alleati coi cremonesi, tra Telgate e Palosco, mentre i bresciani, affiancati dai milanesi, a Palazzolo. I soldati orobici attraversarono l’Oglio con un ponte di barche preparato nella notte e ricambiarono la gentilezza della battaglia di Palosco, con un attacco a sorpresa.
Ma finì uguale a prima, perché, nonostante i bergamaschi si stessero facendo onore, arrivò sul campo di battaglia un comandante bresciano, tal Biatta di Palazzo, con alcune truppe di riserva: bergamaschi e cremonesi li scambiarono per il potente esercito milanese (che in verità non fece mai la sua comparsa) e si ritirarono in fretta e furia sullo stesso ponte di barche da cui erano venuti. Che però – la sfortuna – cedette sotto il peso delle truppe in rotta e molti furono i morti annegati. I rimanenti, quelli in salvo sulla riva, furono sterminati dai bresciani.
Si dovette attendere la fine del 1191 per arrivare ad una definitiva pacificazione delle due città, grazie all’intervento dell’imperatore Enrico VI, figlio del Barbarossa, che decretò la restituzione dei territori contesi a sud del Lago d'Iseo (Sarnico, Moro e Caleppio) ai bergamaschi, e il passaggio di quelli in Valle Camonica (Volpino, Qualino, Ceratello) a Brescia.
La rivincita bergamasca? Qualche manciata di decenni dopo, nel contesto delle guerre tra Guelfi e Ghibellini per la successione al trono imperiale del Dodicesimo secolo, Bergamo riuscì, almeno in parte, a vendicare l’onta subita. A fianco di Federico II, i bergamaschi ottennero una vittoria schiacciante nella battaglia di Cortenuova nel 1237, quando l’imperatore si schierò contro le città della seconda Lega Lombarda (Brescia compresa), che erano appoggiate dal papato. E pazienza se non ebbero l’esclusiva della vittoria.