«A gennaio la città reagì con forza Stavolta sta vincendo la paura»

Terrore, guerra, assedio, carneficina, bagno di sangue... Il giorno dopo non si contano le parole per descrivere quello che è successo ieri notte, venerdì, nella capitale francese. Vivo, studio e lavoro a Parigi da più di 3 anni, ci sono tornato proprio questo venerdì mattina dopo qualche giorno passato a Bergamo con la famiglia. Stanco dal viaggio, ieri sera sono rimasto a casa a guardare la partita Francia-Germania con il mio coinquilino. Abbiamo sentito gli scoppi della bombe in televisione, ma inizialmente non ci siamo allarmati, pensando fossero i classici petardi da stadio. Ci siamo accorti tardi di quello che stava realmente accadendo, quando i nostri smartphone hanno cominciato letteralmente a impazzire. È partito un frenetico giro di messaggi e chiamate tra famigliari, amici, conoscenti per capire cosa stesse succedendo e chi stesse bene.
Il giorno dopo di Parigi è irreale. Strade semi deserte, negozi, università, cinema e cafè barricati. Un'atmosfera spettrale. La confusione regna sovrana, sia su quello che è successo esattamente, sia su come comportarsi adesso. Io, per esempio, vi scrivo dal mio ufficio in università. Nonostante la raccomandazione della prefettura di non uscire, sono venuto qui sperando di trovare amici e colleghi con cui parlare dell’accaduto, ma in molti sono rimasti a casa.
Per chi, come me, ha vissuto anche gli attacchi di gennaio, è facile capire come questa volta sia tutto diverso. La risposta emotiva, di pancia della gente parigina al massacro di Charlie Hebdo e al Hyper Cacher aveva trasmesso immediatamente forza e coraggio. “Not afraid”, era l’urlo partito dai milioni di persone che si erano riversate nelle piazze e nelle strade della capitale subito dopo gli attacchi. Spero di sbagliarmi, ma temo che questa volta non sarà così. Prima di tutto, perché lo “stato di emergenza” a livello nazionale (secondo solo allo “stato di guerra” come livello di allerta) non permette alcuna manifestazione al fine di garantire la massima sicurezza nei luoghi pubblici. Secondo, perché questa volta la paura è palpabile.
Durante gli attacchi di gennaio la tensione era rimasta più a lungo, per diversi giorni, ma aveva poi lasciato spazio ad una manifestazione di forza incredibile. Oggi invece Parigi ha paura. Colpita per la seconda volta in poco tempo, la capitale rischia di chiudersi su se stessa. Ci vorrà ancora più forza, ancora più coraggio per uscire da questo clima da “anni di piombo” che circonda la città. Mi conosolano solo alcune parole di Giovanni Falcone che mi sono tornate in mente nei momenti di massima agitazione: «L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura, non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo». Questo continuo a ripetermi, oggi la paura ci sta. Davanti a queste barbarie, il vero sbaglio sarebbe abituarsi al terrore. Questo Parigi (la Francia, l’Italia, l’Europa...) non deve fare: abituarsi al terrore.