Perché la Lituania va a gonfie vele e soltanto oggi adotta l'euro

Che succede alla Lituania? La piccola nazione ex-sovietica (2.956mila abitanti) è l’ultima delle Repubbliche Baltiche ad adottare l’Euro, moneta che sarà in circolazione da oggi a Vilnius, a conclusione di un iter che, oltre ad aver avvicinato il suo baricentro dalla Russia all’Europa, è il segno di un’economia sana e virtuosa. Solo pochi anni fa (era il 2007) la nazione già chiedeva di poter adottare la moneta unica, ma vedeva la porta di Bruxelles chiudersi per gli eccessivi livelli di inflazione. Ora quel parametro è passato dal 2% allo 0,4%, e a Vilnius si può brindare, non senza lo scetticismo di alcuni che temono di essere alla fine risucchiati dai disastri dell’Euro.
Ma gli scettici sono pochi o forse non si fanno vedere: l’aria che si respira oggi nell’economia lituana è notevolmente fresca, come per altro sottolineò lo stesso presidente della Bce Mario Draghi qualche mese fa: «La Lituania ha dato un’efficace lezione a tutti gli altri», era il suo giudizio in merito alla ripresa della piccola nazione baltica, indebolita dalla crisi del 2009 ma poi capace di far crescere il suo Pil a tassi medi del 3% annuo. Ancor più confortante è il valore del suo debito pubblico, pari al 39%, cifra imbarazzante se confrontata con le medie dell’Eurozona (poco oltre il 90%) e di altri stati membri come Germania (77%), Spagna (92,1%), Italia (127,9%).
È nato così la formula della Tigre Baltica: a spingere le gambe del felino nordico è un settore manifatturiero sempre più nuovo, ma anche la freschezza che a pieni polmoni in tanti respirano e avvertono: a livello urbano i palazzi sovietici lasciano spazio a grattacieli in vetro, prestigiose multinazionali portano qui alcune loro sedi e la città si riempie di start-up. La disoccupazione resta alta, ma tanti ragazzi che sono finiti a lavorare in Polonia, Germania o Svezia scelgono poi di tornare una volta messi da parte un po’ di soldi, con la voglia di scommettere su quanto sta emergendo attorno a Vilnius.
Ma la scelta della Lituania non è soltanto monetaria. Passare all’Euro significa orientare la propria bussola verso l’Europa e dare così le spalle alla Russia. Un passo significativo, che avviene in una terra dove cominciarono i primi moti di ribellione all’Urss a inizio anni Novanta, e ulteriormente d’impatto dopo tutto quanto successo all’Ucraina negli scorsi mesi. La scelta di Vilnius pare chiara: negli scorsi mesi fece notizia l’arrivo nel porto di Kaunas della Independence, nave stiva capace di stoccare 170mila metri cubi di gas liquido, quanto basta a supplire il 90% delle necessità energetiche delle tre repubbliche baltiche e diventare così indipendenti dai gasdotti russi. L’imbarcazione ha bandiera norvegese, quella della società che la rifornisce, alternativa più che concreta al gas moscovita già rodata da anni in Germania.
«Lo Stato ora può seriamente considerare di non avere alcun accordo con Gazprom», disse il giorno in cui fu presentata la nave la presidente Dalia Grybauskaite, pensando agli alti prezzi che tale prodotto ha toccato nel corso dell’anno. Ma oltre al gas, ci sono gli scambi commerciali, sempre più stretti proprio con la Germania, la Svezia e la Polonia, altro campo dove la Russia continua a perdere terreno. Il passaggio all’Euro non farà altro che rendere ancor più oleato questo movimento, facilitando scambi e accordi tra compagnie europee e realtà lituane.