C'entra anche uno chef pluristellato

A tavola contro l'Alzheimer C'è un segreto per combatterlo

A tavola contro l'Alzheimer C'è un segreto per combatterlo
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C’è un segreto per non alimentare a tavola il declino cognitivo e dare via libera a malattie come l’Alzheimer. Ad esempio: occorre evitare cibi ricchi di rame e privilegiare invece ricette che diano all’organismo (e soprattutto al cervello) vitamine e grassi buoni. Ad avere dimostrato questa alleanza dietetica, nel bene e nel male, in un approccio ‘non convenzionale’ alla malattia di Alzheimer, sono stati i ricercatori dell’Istituto di Neurologia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma e dell’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina.

Ma non è tutto: perché, con l’aiuto dello chef pluristellato Heinz Beck, è stata messa a punto una ricetta ad hoc, reperibile sui mezzi social nell’ambito del progetto Gemelli@fornelli, con pochi ingredienti base: la ricciola, un pesce azzurro di cui è ricco il nostro mare, marinata all’aceto balsamico bianco e bis-colorata di rosso con una spolverata di neve di melograno. Alimenti che, peraltro, esaltano gusti e proprietà della dieta mediterranea.

 

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Il rame fa male al cervello. Soprattutto quellonon-ceruloplasminico, o “libero” o “tossico” che dir si voglia, che si forma da un alterato metabolismo del rame impossibile per l’organismo da eliminare. Un recente studio condotto dai due ospedali romani con la collaborazione dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, pubblicato sulla rivista Annals of Neurology, ha evidenziato come soggetti con livelli elevati di rame “libero” abbiano un rischio triplicato di sviluppare la malattia di Alzheimer. Farà piacere saper però che il rame tossico è un ‘pericolo modificabile’; vale a dire che una volta identificata la sua eccessiva presenza nel sangue con uno specifico test già brevettato e disponibile, chiamato C4D, è possibile intervenire e correggerlo, riducendone i livelli quindi, con una dieta specifica.

Gli alimenti OK. Sono quelli con proprietà organolettiche (la buona tessitura e consistenza degli alimenti) e nutrizionali della ricetta del master chef: ovvero un elevato contenuto di acidi grassi omega 3, di vitamine B1 e B6, altre vitamine (B12), e poco rame, appunto. Una combinazione preziosa ed efficace nel combattere le malattie di natura neurodegenerativa. Oltre a ricciola e melograno, la dieta dovrebbe prevedere verdure e frutta fresca in abbondanza; una dose quotidiana di vitamina E che si può trovare ad esempio in semi, spinaci ed altri vegetali a foglia larga, e vitamina B12, facendo attenzione che le vitamine assunte non contengano né rame né ferro.

Ma anche i complessi multivitaminici (integratori), a meno di indicazioni specifiche del medico curante, che contengono metalli vanno tenuti d’occhio; questi hanno infatti effetti collaterali importanti in caso di livelli elevati di rame “libero” nel sangue, con esiti maggiorati se vengono assunti in combinata con cibi ad alto contenuto di rame come il fegato, i frutti di mare, le ostriche e le cozze. Ancora occorre ridurre i grassi saturi, come quelli contenuti nelle carni rosse, e potenziare gli effetti dietetici di una alimentazione terapeuticamente corretta, studiata con un medico nutrizionista o con lo specialista, con almeno due ore di sport a settimana.

 

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In sostanza le strategie nutrizionali contro l’invecchiamento cerebrale sono volte a ridurre fattori dannosi come grassi saturi, colesterolo e rame negli alimenti e a incrementare i composti neuro-protettivi, come gli antiossidanti (vitaminici - come A, C, E – e non), sostanze bioattive ed acidi grassi omega3. Come suggeriscono anche le linee guida anti-Alzheimer pubblicate su Neurology of Aging  dalla Physicians Committee for Responsible Medicine di Washington.

Fattori di rischio modificabili. Hanno un ruolo chiave nell’insorgenza dell’Alzheimer e sono quindi quelli su cui occorre intervenire per frenare la curva esponenziale della malattia. Stime del 2010 riportano infatti che sono circa 30 milioni nel mondo le persone colpite da questa forma di demenza di cui circa un terzo può essere attribuito a fattori di rischio modificabili quali l’inattività fisica, il fumo, l’ipertensione, l’obesità nella mezza età, il diabete.

Ma è stato altresì dimostrato che ritardare l’insorgenza della malattia di un anno ridurrebbe dell’11% i casi di Alzheimer sopra i 60 anni nel 2015. Senza dimenticare l’influenza della dieta: tanto che uno studio condotto su circa 4mila persone a Chicago (Rush University Medical Center) ha messo in relazione una dieta a più alto contenuto di rame, grassi saturi e tans-insaturi con la progressione del declino cognitivo, paragonabile a 19 anni addizionali di invecchiamento. Forse varrebbe la pena di cominciare davvero da qui.

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