L'altra faccia dell’aliyah

Tornati, ma già pronti a ripartire La doppia cittadinanza degli ebrei

Tornati, ma già pronti a ripartire La doppia cittadinanza degli ebrei
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Un numero sempre maggiore di israeliani, negli ultimi tempi, sta chiedendo la doppia cittadinanza in un Paese europeo. Si tratta di ebrei che hanno fatto l’aliyah, il ritorno nella Terra Promessa, e che hanno abbandonato la loro cittadinanza di origine per diventare solo israeliani. Adesso, la congiuntura politica e sociale della regione, unita al timore che lo Stato non riesca a garantire loro sufficiente protezione, spinge questi ebrei a chiedere nuovamente la cittadinanza abbandonata. Una tendenza iniziata già da qualche anno, che sta gradualmente aumentando. Anche a fronte di una crescente immigrazione nel Paese dall’Europa. Perché se prima in molti abbandonavano la cittadinanza di origine, oggi non è più così.

 

 

Incertezze in patria e difficoltà di movimento. Come se questi israeliani di ritorno volessero mettersi al riparo e trovare un paracadute che non li catapulti nella condizione di profughi, ma di cittadini che tornano a casa, in un Paese che hanno abbandonato per Israele, che però adesso non fornisce loro sufficiente sicurezza. Inoltre, è più facile viaggiare con un passaporto europeo rispetto a uno israeliano. Perché sono molti i Paesi, soprattutto nella regione mediorientale, che non si riconoscono diplomaticamente tra loro. Già era difficile spostarsi se su un comunissimo passaporto si avevano timbri di ingresso in Israele (pratica che ora è stata abbandonata in luogo di un più pratico tagliandino di visto che non lascia tracce sul documento), figuriamoci se il passaporto stesso è israeliano.

Timori di una nuova guerra. A chiedere la doppia cittadinanza in Europa sono soprattutto quegli israeliani che temono una nuova guerra, questa volta combattuta non contro i palestinesi o su Gaza, ma contro il sedicente Stato Islamico, che potrebbe mettere in serio pericolo Israele e i suoi abitanti, e compromettere il futuro dei figli di quanti adesso chiedono la doppia cittadinanza. Per questo c’è chi afferma che è meglio avere una via di fuga, in piena regola, in Europa. Inoltre non va sottovalutato  il timore per l’Iran e il suo programma nucleare.

 

 

Minacce anche dall’interno. Non è solo la minaccia terroristica che arriva dall’esterno a intimorire gli israeliani. Sono sempre di più coloro che mostrano insofferenza nei confronti della deriva ultraortodossa che sta prendendo una parte della società israeliana. Un pericolo per la democrazia, che solo formalmente viene contrastata dal governo Netanyahu, che per vivere ha bisogno dei partiti ultranazionalisti e religiosi.

La doppia cittadinanza in Israele. Il fenomeno della doppia cittadinanza è molto diffuso nel Paese, 1 israeliano su 8 ha due passaporti. Si tratta, per la metà di loro, di russi e americani, che hanno abbracciato gli ideali sionisti e sono tornati in Israele. Ci sono poi tra i 400 e i 500mila israeliani in possesso di un passaporto europeo (Russia esclusa), più del doppio di quanti erano nel 2000. Il motivo è presto detto: il 75% degli israeliani è ebreo, e quasi la metà di loro discende da famiglie che hanno le origini in Europa. In pochi decidono di lasciare Israele per tornare in Europa, ma la doppia cittadinanza fa comodo.

 

 

Il recupero delle origini. Il fenomeno a cui si sta assistendo negli ultimi tempi, però, riguarda altri Paesi, soprattutto l’Ungheria, la Germania, la Polonia. Sono moltissimi gli israeliani di seconda generazione, nati e cresciuti da ebrei della diaspora, che adesso si rivolgono alle ambasciate del loro Paese d’origine a Tel Aviv per dimostrare che nel loro albero genealogico ci sono legami utili a ottenere la doppia cittadinanza. Anche se da quel Paese i loro avi sono scappati prima, durante o dopo l’Olocausto, e anche se lì, probabilmente, non torneranno mai.

Polonia e Germania. La Polonia, da quando è diventato uno Stato membro dell’Ue ha rilasciato circa 15mila passaporti agli israeliani, a un ritmo di 2mila l’anno. La Germania, che permette agli ebrei sopravvissuti all'Olocausto di reclamare la cittadinanza, negli ultimi dieci anni ha rilasciato oltre 25mila passaporti agli israeliani.

 

 

Il caso spagnolo. È di qualche mese fa la notizia che, oltre mezzo millennio dopo l’Editto d’Espulsione che nel 1492 costrinse la comunità di ebrei sefarditi a lasciare il Paese, il Parlamento spagnolo ha approvato la “Legge di Discendenza Sefardita”, che permetterà a circa un milione di discendenti di ottenere la cittadinanza spagnola, a patto che si rispettino tre prerequisiti: la persona deve avere un documento che attesti origini ebraiche; deve dimostrare di conoscere il ladino, la lingua tradizionale parlata dagli ebrei in Spagna; occorre essere in possesso di un certificato emesso dall'Unione delle Comunità Ebraiche di Spagna che confermi l'ascendenza sefardita. Una legge che ha voluto rimediare a quello che lo stesso ministro della Giustizia spagnolo ha definito «il più grande errore della storia di Spagna», ossia l’editto dei re cattolici Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia che imponeva a tutti gli ebrei sefarditi di lasciare il regno iberico entro quattro mesi.

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