Religioni e conciliazione

Tre buoni motivi per dedicare il parco della Trucca a Lutero

Tre buoni motivi per dedicare il parco della Trucca a Lutero
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Perché è giusto dedicare uno dei parchi più belli di Bergamo, quello della Trucca, a Martino Lutero? Proviamo a mettere in fila un po’ di buone ragioni. Lutero è stato un personaggio chiave della storia europea: giusto cinquecento anni fa vennero affisse le sue novantacinque tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg. In realtà Lutero non appese un bel nulla: semplicemente sollevò in una serie di punti, in una disputa accademica, il tema della riprovevole compravendita delle indulgenze che svenava la Germania e minacciava la fede.

Lutero, uomo della modernità. È stato indicato come iniziatore della modernità. In realtà come ha spiegato uno dei suoi profondi conoscitori italiani, Alberto Melloni, «Lutero è stato un cristiano che in un mondo pronto ad accontentarsi di Erasmo e delle sue svenevoli finezze, ha travolto tutto ponendo davanti la fede, la scrittura, la grazia nella loro nudità. Ha portato una attesa di salvezza che ha cambiato il mondo e ha trascinato nella riforma anche il grande antagonista papista: perché, pur nella condanna e nel rifiuto, il papato dopo Lutero non è più stato quello di prima e ha dovuto iniziare una ricerca di autenticità evangelica di cui noi forse oggi vediamo non un approdo ma un frutto». Lutero quindi, volenti o nolenti, è un gigante della storia europea, che come tutti i personaggi di peso e di grande profilo porta con sé anche aspetti contradditori: era polemico, violento, pesantemente antiebraico.

 

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Lutero a Bergamo. Lutero inoltre nella sua parabola avrebbe anche incrociato Bergamo. Lui era un fervente agostiniano. E come tale nel suo viaggio verso Roma nel 1510 si sarebbe fermato nel convento dei frati del suo ordine: oltretutto l’ordine religioso cui apparteneva Lutero era lo stesso del Convento di Sant’Agostino a Bergamo, quello degli Eremitani agostiniani dell’Osservanza. Non ci sono documenti del passaggio, ma che si tratti di qualcosa di più di una leggenda lo testimonia il fatto che tutti i più importanti storici della città citino questa sua sosta. Lutero non ha mai scritto un diario di quel suo viaggio italiano e quindi non possiamo avere riscontri: sarebbe comunque arrivato a Bergamo scendendo dal Passo San Marco: cosa secondo alcuni impossibile perché quel passaggio verso la pianura iniziò ad essere frequentato solo dalla fine del Cinquecento. Se non è storia, anche le leggende hanno una loro forza, e la memoria di Lutero a Bergamo è qualcosa di radicato.

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Il parco, un segno di riconciliazione. Oltretutto a chiedere la dedicazione del parco è un consigliere che appartiene alla comunità valdese, a conferma di come i protestanti abbiano avuto sempre un loro seguito in città. C’è anche un terzo motivo che dimostra l’attualità di una scelta come quella fatta dalla giunta comunale. Tra cattolici e luterani da anni infatti sta maturando un dialogo che porta a galla tanti punti di incontro anche a livello teologico. Lo sottolineava qualche anno fa un sacerdote romano molto autorevole, don Giacomo Tantardini, all’interno di una lezione tenuta alla Pontificia Facoltà di San Bonaventura.

«È interessante notare», diceva, «che la Commissione di studio tra i cattolici e i luterani ha riconosciuto che Lutero e il Concilio di Trento su punti essenziali della dottrina della giustificazione per grazia affermano le stesse cose. Mentre l’inizio della giustificazione è pura grazia (nulla di ciò che precede la giustificazione merita di per sé la grazia della giustificazione), le opere buone sono insieme opere della grazia (tanto è vero che Dio, premiando i nostri meriti, incorona i suoi doni) e opere della libertà abbracciata dalla grazia. Quindi sono totalmente della grazia e totalmente della libertà abbracciata dalla grazia. La dottrina di Paolo sulla legge e la grazia è pacifica e la Chiesa ha definitivamente proposto quello che Paolo e gli altri apostoli su questo hanno insegnato». Quindi ben venga il Parco Martin Lutero, come segno di una città che non vuole arroccarsi nel passato ma aprirsi ad incontri che possono ridisegnare il futuro.

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