la scultura

Trentanove volti in ceramica per dire grazie agli operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid

L'opera “La voce degli occhi” è stata realizzata dai ceramisti di Deruta (Perugia) e di Gzhel (Russia). Resterà un mese a Palazzo Pirelli e poi sarà donata all'ospedale Papa Giovanni XXIII

Trentanove volti in ceramica per dire grazie agli operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid
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Un cerchio che fa da sfondo ai volti dei medici e degli infermieri impegnati in prima linea nella lotta al Covid. Questa mattina (martedì 8 settembre) è stata svelata a Palazzo Pirelli l’opera “La voce degli occhi”, realizzata dai ceramisti di Deruta (Perugia) e di Gzhel (Russia) per conto dell’associazione Deruta Città del Mondo. La scultura, dedicata alle vittime del Covid e agli operatori sanitari, verrà donata all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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«In ogni volto coperto da una mascherina, realizzato da un artista artigiano diverso, viene valorizzato lo sguardo, proprio ciò che durante l’emergenza ha sostituito la parola – spiega il promotore dell’iniziativa Giovanni Malanchini, consigliere segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Lombardia -. L’opera resterà a Palazzo Pirelli per un mese prima di essere collocata all’ospedale di Bergamo, simbolo di lotta e resistenza al virus. Ho fortemente voluto questa iniziativa, che nasce dalla grande volontà dell’amica Rossella Pomanti, la quale dalla perdita del marito ha tratto la forza per dare vita a questo bellissimo progetto, che vuole essere un omaggio per tutti gli operatori che hanno combattuto questa battaglia».

All’inaugurazione, in rappresentanza di tutti i bergamaschi che hanno lottato contro l’infezione, ha partecipato anche Marco Carrara, di Albino, uscito dalla quarantena dopo ben 5 mesi. «Questa attenzione si unisce all'affetto e alla riconoscenza che abbiamo ricevuto in questi mesi – aggiunge Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell'Asst Papa Giovanni XXIII -. Bergamo, il suo ospedale e i suoi straordinari operatori già ampiamente apprezzati per competenze, professionalità e dedizione sono stati proiettati in una dimensione ancora più internazionale».

Infine, Monsignor Giulio Dellavite ha rivolto un messaggio di saluto a nome del vescovo di Bergamo Francesco Beschi. «Una urgenza mi ha impedito di essere presente, ma non di essere vicino. Come dopo ogni tempesta compare un arcobaleno, così anche i colori di queste opere li voglio interpretare come augurio di una nuova strada di speranza verso il futuro. Mi piace notare che un arcobaleno compare quando la tempesta sta per finire e il bel tempo sta per arrivare, quindi è nel periodo di passaggio: il brutto è ancora all’orizzonte presente e il bello non c’è ancora del tutto, ma comincia a imporre la sua presenza. Questi colori allora diventano anche segno di una responsabilità dell’impegno alla tutela che siamo chiamati ancora a vivere. Inoltre credo che possano essere anche simbolo di tutte quelle persone che nel mezzo della tempesta hanno saputo unire la terra al cielo, la paura alla speranza, il dolore alla forza, la bassezza della pandemia all’altezza della passione della dedizione».

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