Verso il 2019

Tutti appesi alle labbra di Gori

Tutti appesi alle labbra di Gori
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Dopo la concitazione della maratona, ora è il momento dell’attesa. E della resa dei conti. Sono le due facce della stessa luna, ovvero il centrosinistra cittadino, che da un lato (a Palazzo Frizzoni) dovrà attendere la decisione del sindaco Giorgio Gori sul suo futuro, decisione che arriverà per forza di cose entro novanta giorni, dall’altro fa i conti con i risultati di queste regionali, che hanno visto andare al Pirellone due soli esponenti del partito, ovvero Jacopo Scandella e Niccolò Carretta, entrambi renziani e molto vicini a Gori.

 

 

L'esclusione di Rossi. Un risultato che brucia, in particolare davanti all’esclusione di Matteo Rossi, presidente della Provincia in carica e uomo di partito per eccellenza, che sulla candidatura al Consiglio regionale s’era giocato tutto e ora non nasconde il profondo dispiacere per la sconfitta. Certo, Gori non ha colpe. L’esclusione di Rossi, semmai, è da imputare al pessimo risultato del Pd, ma un po’ di malumori ci sono, e neppure troppo nascosti. Come ha raccontato il Corriere della Sera, i festeggiamenti per l’elezione di Carretta (eletto nonostante le quasi quattromila preferenze in meno ottenute rispetto al numero uno di via Tasso e soltanto perché candidato nella Lista Gori e non nella lista del Pd), a cui hanno partecipato anche Gori e la moglie Cristina Parodi, non sono piaciuti a diversi esponenti del centrosinistra cittadino, che li avrebbero definiti «poco rispettosi». La reazione pare un filo esagerata, ma mostra in modo chiaro come i dem debbano ora provare a ricostruire un’unità andata persa in questi intensi mesi di campagna elettorale. A non premiare Rossi, in realtà, sono stati i complicati calcoli matematici previsti dalla legge elettorale e lo spietato ma necessario gioco alla caccia della preferenza.

 

 

Le altre preferenze. Alle sue spalle, infatti, sono arrivati il consigliere uscente Mario Barboni e la presidente del Consiglio comunale Marzia Marchesi, che hanno ottenuto rispettivamente 3.856 e 3.124 preferenze. La seconda, in particolare, è stata fortemente sostenuta dalla frangia più di sinistra del Pd cittadino, quella minoritaria all’interno del partito, che Gori ha saputo intelligentemente gestire ma che in queste elezioni, come del resto richiedono le regole del gioco, ha fatto le proprie scelte e si dice oggi soddisfatta del risultato ottenuto dalla Marchesi. Forse, se quel sostegno fosse andato a Rossi, il presidente della Provincia avrebbe vinto, ma non è con i “se” e con i “ma” che si fa la storia.

La necessità di ricompattarsi. Quel che è certo è che adesso il centrosinistra cittadino deve ricompattarsi, e pure in fretta. Chiusa questa battaglia, infatti, ce n’è già un’altra alle porte: quella del 2019 per Palazzo Frizzoni. I numeri ottenuti in città dal Pd, che resta il primo partito, fanno ben sperare. Ma perché si inizi veramente a pianificare il lavoro da qui al prossimo anno, serve che Gori sciolga la riserva: o...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 5 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 15 marzo. In versione digitale, qui.

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