Al di là di ogni polemica

I tre progetti per il dopo Expo (Quello del governo è solo uno)

I tre progetti per il dopo Expo (Quello del governo è solo uno)
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Sino a qualche mese fa era il tema da cui tutti scappavano: che fare di quel milione di metri quadri una volta smontata la grande macchina dell’Expo? Oggi, dopo il successo sorprendente e inatteso della manifestazione, i 22 milioni di persone che sono passati di lì in questi sei mesi, l’hanno resa improvvisamente attraente. Così mentre tutti sino ad ora si affacciavano con progetti improbabili conditi di “se” e di “ma”, adesso si è scatenata una vera corsa a presidiare il futuro dell’area.

 

 

Il piano (berlusconiano) di Renzi. Ovviamente chi ha fiutato per primo che questa era cosa da non farsi scappare è stato Matteo Renzi, che oggi a Milano presenta il suo progetto, svelato in realtà in anteprima al Corriere della Sera. Un progetto di matrice sorprendentemente berlusconiana, perché imperniato su un istituto che Berlusconi con Tremonti vollero avviare a Genova nel 2004 e che in questi anni ha avuto una crescita eccezionale soprattutto nel campo della robotica. Affidato a un fisico di fama mondiale, Roberto Cingolani, L’Istituto italiano di Tecnologia dovrebbe fare da pivot di questa Human Technopole (così è stato ribattezzato il progetto), che si dovrà occupare di sviluppare «tecnologie umane». Il piano renziano prevede cinque ambiti di intervento: tecnologie per il welfare e un sano invecchiamento; medicina di precisione; tecniche avanzate per cibo e agronomia; ricerca sensibile su materiali sostenibili e nanotecnologie verdi; e infine tutela innovativa del patrimonio culturale italiano.

Al fianco dell’IIT, sono state mobilitate altre due eccellenze: l’Institute for international interchange di Torino e la Edmund Mach Foundation di Trento, alla cui testa c’è Andrea Segré, docente di agraria e grande esperto nelle strategie antispreco alimentare.

 

Cristina Messa

[Cristina Messa, rettore dell'Università Bicocca]

 

Le reazioni contrarie e la cordata universitaria. Un bel progetto, per costruire un’Italy 2040 Vision, finanziata con 200 milioni iniziali e poi sostenuta da partner privati. Ma non è la sola idea in gioco. E qui scoppia la contesa. Ha fatto infatti un po’ di scalpore la decisione di far coinvolgere tre soggetti senza nessuna presenza né milanese, né lombarda. Perché, oggettivamente, se Expo è stata un successo lo si deve all’intelligenza organizzativa del territorio e della città che l’hanno ospitata. Per di più da mesi si stava parlando del progetto avanzato dagli atenei milanesi (Statale e Politecnico) per fare dell’area un grande campus universitario. I proprietari di Areaexpo inoltre per ora sono in quota di maggioranza Comune e Regione, quindi l’incursione di Renzi è apparsa un po’ come un’invasione di campo. È vero che il Governo ha già annunciato di voler entrare nella società proprietaria dell’area, ma per ora l’accordo non è ancora stato chiuso.

Così è scesa in campo la battagliera Cristina Messa, rettore dell’Università Bicocca, che senza mezzi termini ha detto che quella di Renzi è «una scelta che rischia di scardinare il modello lombardo. Un errore partire con due binari in concorrenza tra loro». In effetti l’alzata di scudi del rettore della Bicocca ha ragioni ben solide. Sono 13 le università lombarde che si sono consorziate per varare un progetto compiuto sull’area Expo, e si tratta di università ricchissime di eccellenze.

 

 

Verso una soluzione collaborativa. Tuttavia, invece di scendere sul piede di guerra, si è preferito trovare subito la strada di un coordinamento. E con rapidità tutta lombarda il leader della cordata delle università lombarde, il rettore della Statale Gianluca Vago ha convocato un incontro a tre con lo stesso capo dell’IIT Roberto Cingolani e con il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, per trovare un coordinamento tra i tre progetti, che sono per altro perfettamente complementari tra di loro: il campus universitario, l’hub delle imprese innovative e il centro di ricerca avanzata immaginato da Renzi. Del resto lo spazio è tanto e ci si sta tutti. Infatti per l’ Human Technopole il governo ha previsto 70mila metri quadri.  Un angolino del milione di metri quadrati dell’area Expo.

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