Siamo fuori da Brasile 2014

Ci siamo espulsi dal mondiale

La festa appena cominciata è già finita. Sembrava che il cammino dell'Italia fosse in discesa dopo la vittoria inaugurale contro gli inglesi. C'era aria di festa, si pensava già agli Ottavi. Poi è arrivata l'inaspettata sconfitta per 1-0 contro la Costa Rica e martedì 24, nella "partita della vita" contro l'Uruguay, è finita ancora peggio. Ci bastava un pareggio, ma una squadra troppo rinunciataria e un arbitraggio ai limiti della decenza ci hanno mandato a casa. Subito dopo, Prandelli e Abete si dimettono, ma chi l'ha presa peggio di tutti è Mario Balotelli che si è sfogato così sui social network: «Gli africani non scaricherebbero mai un loro “fratello”. Mai. In questo noi negri, come ci chiamate voi, siamo anni luce avanti: forse, come dite voi, non sono italiano». La rabbia del centravanti milanista è il triste epilogo della nostra spedizione brasiliana.

Ci siamo espulsi dal mondiale
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Hanno fatto bene a tirare in ballo l'orgoglio azzurro, perché se usciamo dal Campionato del Mondo più bello di sempre, a testa bassa, con gli occhi di Balotelli iniettati di lacrime, coi crampi di Verratti, il fiato corto di Pirlo, il rosso a Marchisio, gli arrembaggi offensivi di Gigi Buffon, è giusto dire che l'Italia ci ha provato fino alla fine, ci ha provato con la forza delle disperazione. Ma ha perso. Non ne aveva abbastanza, forse, e avanti, agli ottavi, allora ci va l'Uruguay. Che ha vinto una partita brutta, a tratti orribile, ma così nervosa da essere persino surreale. Questo quadro sarebbe abbastanza lugubre per non giustificare l'1-0, ma poi ci sono partite nate nell'ignominia e nella sfortuna, partite in cui ogni cosa va storta, e c'è poco da fare. E poi c'era l'arbitro, che in questa disfatta nazionale ha avuto un ruolo importante.

Dovevamo capirlo quando abbiamo sentito parlare di Moreno, che le cose non sarebbero andate come volevamo noi. Fischia, sì, ma senza equilibrio. All'inizio non ci facciamo troppo caso, il gioco non entusiasma nessuno e tutte e due le squadre badano più a non prenderle. L'Uruguay cerca spesso Suarez perché deve vincere ma Barzagli è attento e il Pistolero tiene il colpo nella fondina. Alla vigilia aveva detto: "La difesa dell'Italia è scarsa, vinciamo noi". C'era abbastanza materiale per solleticare la hybris degli dei, che hanno avuto di meglio da fare. Lo stesso Suarez ci prova poco dopo la mezzora ma Buffon c'è, bravo anche a respingere la conclusione di Lodeiro sulla respinta. Balotelli abbocca alle solite provocazioni perdendosi, ancora una volta, nelle sue debolezze. L'arbitro lo ammonisce e Prandelli, che lo conosce, inizia a meditare un cambio. Il resto del primo tempo è niente: lanci per noi, lanci per loro, e si va sotto la doccia con uno 0 a 0 poco rassicurante.

Al rientro Supermario non c'è, al suo posto entra Parolo. In attacco resta Immobile, di nome e di fatto. L'avvio non è incoraggiante, il poco smalto che avevamo nel primo tempo viene via da piedi azzurri con troppa facilità, a beneficio degli uruguaiani che lottano su ogni pallone. Il risultato è inchiodato lì, ci vuole un episodio per cambiare le cose. Arriva al 14'. Marchisio alza la gamba un po' troppo e l'arbitro opta per un rosso che ci fa morire dentro. Le proteste non servono, le urla disperate nemmeno: l'Italia è in dieci. Uscendo dal campo Marchisio abbraccia Prandelli, gli chiede scusa, poi si continua. Ma è dura, durissima, l'Uruguay alza i giri. A Pirlo viene negata la visuale di passaggio, il pressing è totale. L'unica fonte di gioco resta Verratti che però, lentamente, si spegne: fino alla sostituzione. Non ce la fa nemmeno Immobile, lo sostituisce Cassano. Ma l'Italia è ormai una zattera nella tempesta dell'oceano albiceleste. Dagli spalti i tanti, tantissimi tifosi arrivati da qui provano spingere le vele, ma gli uruguaiani sono in troppi. Però resistiamo, ci crediamo, manca solo un quarto d'ora. Passiamo sopra addirittura all'ennesimo gesto folle di Suarez, che al 34', in aera, addenta Chiellini. Il centrale mostra all'arbitro il segno dei denti, ma quello non vuole vedere, e si avanti, ancora, dai che ce la facciamo. Invece no. Due minuti dopo, dall'angolo, la palla della vittoria Celeste finisce sulla spalla di Godin, che si conferma - dopo il gol al Barcellona che ha deciso la Liga e quello in finale di Champions al Real - uomo della provvidenza. Eppure lo svantaggio non ci mette al tappeto. Pirlo stringe i denti. Cassano ricorda di avere piedi fatati. E quel pallone in area ci arriva pure, ma il destino ha scelto un'altra strada per noi: conduce fuori dal Mondiale. I 5' di recupero sono commoventi. Buffon va a saltare sull'ultima palla alta. Il nostro orgoglio nazionale resta appiccicato con il nastro bioadesivo, ma non succede un bel niente. Torniamo a casa. Rimproverandoci tutto, colpevolizzando l'arbitro, piangendo da italiani. Ma per un pomeriggio, uno soltanto, non potevamo almeno essere itaguaiani?

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