Ucciso a fucilate un Ibis eremita Forse l'ultimo esemplare in Europa

Si era estinto nel 17esimo secolo, in Europa. Ora si cerca di riportarlo sul continente. Ma il bracconaggio mette i bastoni - anzi, i fucili - tra le ruote al progetto. Enno, un altro ibis eremita del piano di reintroduzione Reason for Hope – reintroduction of the Northern Bald Ibis in Europe del Waldrappteam, sabato è stato trovato morto dalle guardie venatorie del Wwf, nucleo di Brescia, nel Comune di Darfo Boario Terme, località Angone, Val Camonica. L'allerta era già stata data nella serata del 4 novembre perché il trasmettitore Gps del volatile segnalava che l’esemplare era immobile da ben 24 ore. Decisamente inconsueto. C'era un perché. «Conoscendo l’area, conosciuta per l’alto tasso di bracconaggio, ci siamo subito allarmat - racconta Antonio Delle Monache, coordinatore delle Guardie Wwf lombarde -. Proprio nelle ultime settimane avevamo predisposto servizi di vigilanza in collaborazione con il Corpo Forestale-Nucleo Operativo Antibracconaggio. Purtroppo l’animale sottoposto a radiografia presso il Centro Recupero Animali Selvatici Wwf dell’Oasi di Valpredina, Cenate Sopra, risulta essere stato centrato da una o più fucilate: oltre ottanta pallini hanno devastato il povero animale».




Una specie in lotta con la caccia. In Europa la specie si estinse soprattutto a causa della caccia di cui era oggetto. Ne sono rimasti 500 esemplari circa in Marocco, nulla più. Il piano di reintroduzione è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Life+. Ma i cacciatori italiani continuano a spararle grosse contro l'Ibis Eremita. Nel 2014 due esemplari, Goja e Jedi, sono stati uccisi e in provincia di Livorno; il responsabile è stato condannato dal Tribunale di Livorno a risarcire il danno economico e morale con 20mila euro, oltre a vedersi la licenza sospesa. Nei primi giorni di settembre del 2016 il giovane Kato è stato trovato morto nelle vicinanze di Punto Ala, provincia di Grosseto, con dei piombini in corpo, e poche ore dopo Tara, è stato colpito da un bracconiere e lasciato morire nei pressi di un torrente in provincia di Vicenza. Si trattava di un esemplare di 5 anni, che aveva imparato la rotta di svernamento grazie a una passata migrazione guidata dall'uomo e ora stava accompagnando il giovane Enno (proprio l’Ibis ucciso in Val Camonica) da Salisburgo verso Orbetello, nel pieno della migrazione autunnale. La sua radiografia post mortem ha evidenziato numerosi pallini in tutto il corpo e anche un proiettile nell'area dorsale.
«Atti gravissimi». «Questo ennesimo gravissimo atto - conclude Paola Brambilla, delegato Lombardia WWF Italia - mostra con tutta evidenza l’impatto dell’attività venatoria. Abbiamo proprio evidenziato nelle ultime settimane l’abnorme numero di rapaci feriti ricoverati nell’ultimo mese presso il Cras Valpredina: un totale di 30 esemplari. A cui aggiungere quelli ricoverati presso il Cras Wwf Vanzago, La Fagiana-Lipu e il Cras di Paspardo. In Lombardia, come nel resto d’Italia, è in atto una vera e propria carneficina. L’uccisione di tre Ibis eremita su un totale di poche decine esistenti ci può dare un’idea su quanti possano essere gli animali protetti abbattuti a fucilate. Chiederemo alla Regione Lombardia di valutare urgentemente l’opportunità di sospendere la caccia nella aree martoriate da un bracconaggio oramai non più tollerabile. Così come invieremo alla Commissione Europea una relazione dettagliata sul bracconaggio nella Provincia di Brescia».
L'allerta, senzsa speranza. «Non nutrivamo alcuna speranza. Quando abbiamo visto il punto Gps ove era posizionato Enno abbiamo pensato alle decine di cacciatori della zona che sparano al volo a specie protette - spiega Filippo Bamberghi del Nucleo Guardie Wwf Lombardia -. Dalle piane di Ono San Pietro più a nord, scendendo a Losine, Pianborno, Darfo Boario Terme, Artogne sino a Pisogne si spara possiamo dire quasi impunemente. Negli ultimi anni abbiamo operato nella zona congiuntamente al Corpo Forestale dello Stato e spesso con il supporto dell’Arma dei Carabinieri, come nel caso recente di un cacciatore sorpreso a Ono San Pietro che sparava a piccoli uccelli protetti con l’ausilio di un telefono cellulare, in cui sono intervenuti i Carabinieri della Stazione di Capo di Ponte. Ci sono capanni dove, prima del nostro intervento, si abbattevano in una sola mattinata sino a 300/400 uccelli protetti. Ancora adesso la situazione è gravissima: percorrendo la superstrada chiunque può osservare cacciatori appostati tirare al volo ad uccelli protetti. Il giovane Ibis Eremita Enno ha scelto uno dei luoghi peggiori per fermarsi. Ci aspettiamo ora un decisa presa di posizione delle Associazioni Venatorie bresciane, che finalmente prendano distanza dai comportamenti illegali tanto comuni nella provincia e per una volta abbandonino giustificazioni oramai prive di senso».
Si invitano i cittadini a segnalare eventuali casi di caccia illegale al numero antibracconaggio 328.7308288, o tramite la pagina Facebook www.facebook.com/guardiewwflombardia.