Domani vertice decisivo a Minsk

Ucraina: cosa chiedono le parti

Ucraina: cosa chiedono le parti
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Kiev, Mosca e i ribelli filorussi sono le principali parti in causa nella guerra del Donbass che sta flagellando l’est dell’Ucraina da oltre nove mesi. Sullo sfondo Unione Europea e Stati Uniti. In mezzo, 5.300 morti e oltre un milione e mezzo di sfollati. Una situazione a cui si è arrivati in seguito alle prime avvisaglie della crisi, avvenute con la rivolta di Piazza Maidan, a Kiev, il 18 e 19 febbraio 2014. In attesa del cruciale vertice in agenda per l’11 febbraio a Minsk, in Bielorussia, dove si cercherà una soluzione di pace al conflitto che sta insanguinando la periferia più orientale d’Europa, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno varato un nuovo pacchetto di sanzioni che entrerà in vigore qualora il vertice di Minsk dovesse fallire.

Il vertice di Minsk e l’incontro Merkel/Obama. A Minsk l’11 febbraio ci saranno i delegati di Russia e Ucraina, oltre a Germania e Francia, che da giorni si stanno adoperando per scongiurare il peggiore degli scenari e trovare una via diplomatica per la soluzione del problema. Ed è proprio la Germania, nei panni della cancelliera Angela Merkel, a tessere le più fitte trame diplomatiche per evitare un conflitto su larga scala dalle conseguenze imprevedibili. Lunedì Frau Merkel ha incontrato il presidente americano Barack Obama, con il quale ha discusso le proposte per mettere fine al conflitto. Fermamente contraria all’opzione militare, la cancelliera ha ribadito come l’unica strada per uscire dall’empasse sia quella di rinnovare le sanzioni alla Russia. Gli Stati Uniti, dopo aver avanzato l’ipotesi di fornire armi all’esercito di Kiev, si sono detti d’accordo con quanto chiedono i Paesi europei, e cioè creare una zona cuscinetto, larga tra i 50 e i 70 chilometri, completamente demilitarizzata. Verrebbero in questo modo ridefiniti gli accordi raggiunti a settembre nel piano di Minsk, basato sul cessate il fuoco sottoscritto da ribelli filorussi ed esercito ucraino.

L’accordo di settembre prevedeva la creazione di una zona cuscinetto di 30 chilometri tra le forze ucraine e quelle dei ribelli; il ritiro dei mercenari stranieri dalla zona dei combattimenti e quello degli armamenti pesanti di altri quindici chilometri oltre la zona cuscinetto. Inoltre erano vietate offensive militari e l’uso di aerei da combattimento. Entrambe le parti avevano anche accettato una missione dell’OSCE per monitorare il rispetto dei termini della tregua. L’accordo non è mai stato davvero rispettato e la situazione è precipitata fino alla triste attualità delle ultime settimane. Il presidente Obama si è trovato concorde con Angela Merkel sull’opportunità di rafforzare, se necessario, le sanzioni alla Russia, e ha accusato Mosca di aver «violato praticamente ogni singolo impegno che aveva preso lo scorso settembre». Per questo mantiene aperta l'opzione di fornire armi difensive letali all'Ucraina e sostiene il suo ingresso nell'Alleanza Atlantica. Opzione, quella delle armi, rifiutata da Germania e Francia, ma appoggiata da Polonia e Paesi Baltici.

 

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Cosa vuole Kiev. Affinchè si possa trovare un accordo, l’Ucraina chiede il ritiro di tutti i mezzi militari russi schierati nel Donbass, oltre allo stop alla fornitura di armi ai ribelli. Kiev vuole essere libera di entrare in Europa e soprattutto vuole entrare a far parte della Nato, dalla quale dice di aver bisogno di armi difensive e di un aiuto militare. Sull’annoso problema del gas, che proviene dalla Russia e rispetto a cui l’Ucraina è in debito. Kiev si è detta pronta a negoziare con Mosca le forniture di gas per l'estate solo a condizioni di mercato, che secondo il premier ucraino Arseniy Yatsenyuk, non dovrebbero superare i 250-300 dollari per mille metri cubi, contro i 329 dollari, compreso lo sconto di 100 dollari, di oggi. Kiev chiede inoltre di poter controllare i confini con la Russia e di condurre un processo ai responsabili della rivolta dell’est del Paese. In cambio pare sia disposta a concedere un certo grado di autonomia alle regioni russofone orientali.

 

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Cosa vuole Mosca. Dal canto suo Mosca non è disposta a cedere sulla questione del Donbass. Chiede infatti che le province di Donetsk e Lugannsk, in cui sono state proclamate due Repubbliche autonome, vengano riconosciute come tali, secondo un principio federalista, e che pertanto i leader separatisti non vengano processati, ma che Kiev dialoghi con loro e venga data loro l’amnistia. La Russia, poi, si oppone alla richiesta di ingresso nella Nato da parte dell’Ucraina e chiede che venga rallentato il processo di adesione all’Unione Europea di Kiev. L'unica tregua possibile e accettabile da Mosca è quella che si basa sul riconoscimento degli attuali confini, con le regioni più a est totalmente indipendenti da Kiev e dotate di autonomia linguistica e culturale riconosciuta costituzionalmente. Mosca intende anche aprire un’inchiesta internazionale sui crimini di guerra perpetrati dall’esercito governativo ucraino e chiede lo scioglimento dei battaglioni di volontari ucraini.

Il presidente russo Vladimir Putin, alla vigilia della sua visita al Cairo, ha espresso preoccupazione per l’ampia militarizzazione dell’Ucraina, che ha aumentato vertiginosamente le spese per la Difesa nonostante la crisi economica, e che «è una conseguenza dei tentativi degli Usa e dei loro alleati occidentali, che si ritengono vincitori della Guerra fredda, di espandere dappertutto la loro volontà». Serve quindi una “tregua immediata” e la fine del blocco economico che Kiev ha decretato in autunno nelle zone occupate dai ribelli.

 

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Cosa vogliono i ribelli. Sono proprio i ribelli a chiedere una tregua sugli attuali confini, insieme all’indipendenza da Kiev e a una rapida annessione alla Russia sul modello della Crimea. In accordo con la Russia sono contrari all’ingresso in Europa e all’adesione alla Nato da parte di Kiev, con i conseguenti aiuti militari, così come al ritiro della forze russe dal Donbass.

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